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2008-12-19

I pm: stessi rapporti

con gli assessori di Roma

Romeo e la giunta di centrosinistra. Le telefonate con Lusetti

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI

NAPOLI — Nell'ordinanza i magistrati lo definiscono "il caso Roma". Perché all'imprenditore Alfredo Romeo contestano di aver utilizzato nella capitale gli stessi metodi che gli avrebbero consentito di "pilotare" gli appalti del Comune di Napoli. O forse addirittura peggio, se è vero che per aggiudicarsi la manutenzione delle strade sarebbe riuscito addirittura a ottenere i favori di un giudice del Consiglio di Stato e così a far ribaltare una sentenza del Tar. Gli accertamenti su questo fronte sono ancora in corso e nei prossimi giorni gli atti saranno inviati per competenza alla Procura di Roma.

La "rete" dei romani

Renzo Lusetti, 50 anni, è deputato del partito democratico

Renzo Lusetti, 50 anni, è deputato del partito democratico

È un rapporto consegnato dai carabinieri di Caserta e allegato agli atti di indagine a svelare come si sia mosso l'imprenditore partenopeo. Il suo referente viene individuato in Felice Laudadio, l'assessore all'edilizia del Comune di Napoli ora agli arresti domiciliari. Scrivono i pubblici ministeri: "Felice Laudadio viene personalmente coinvolto per intervenire sui suoi omologhi romani. Gli assessori del Comune di Roma — con cui è verosimile ritenere che Romeo intrattenga i medesimi rapporti accertati nella presente indagine — vengono compulsati da Romeo affinché si interfaccino con gli amministratori napoletani per "perorare" la causa Romeo". I pubblici ministeri sono convinti che esista "un percorso programmatico tutto improntato a favorire gli interessi di Alfredo Romeo e delle sue imprese e l'abbattimento di eventuali ostacoli dovessero frapporsi alla realizzazione degli obiettivi prefissati. Quella che fa capo a Romeo è una struttura che trova sponda in soggetti apparentemente "estranei" allorquando si verificano eventi a cui l'organizzazione da sola non è in condizione di far fronte".

L'appalto della Capitale

Ed ecco che i pubblici ministeri rivelano come Romeo "attraverso un disponibile Lusetti e la "garanzia" di Francesco Rutelli, cerchi contatti con esponenti del Consiglio di Stato e della Corte di Giustizia europea che dovevano decidere la delicatissima controversia tra la Romeo Gestioni e la Manital per la gestione dei servizi integrati del patrimonio stradale del comune di Roma". È il 2006, quando un'azienda di Romeo si aggiudica l'appalto. La "rivale" Manital fa ricorso al Tar. E vince. Si arriva alla primavera del 2007: la vicenda approda al Consiglio di Stato. L'imprenditore si affanna per ottenere aiuti. Scrive il gip di Napoli nella sua ordinanza di arresto eseguita due giorni fa: "La persona su cui devono intervenire è il consigliere di Stato Paolo Troiano, componente del segretariato generale della giustizia amministrativa, l'omologo del Csm". E poi cita la telefonata del 3 maggio 2007 tra Romeo e Lusetti. Romeo: "Ti sei scordato di me". Lusetti: "No, no sto lavorando invece... Sto lavorando per te". R.: "No, volevo sapere quella cosa di quello lì, Troiano". L.: "Quale Troiano?". R.: "Quello della giustizia amministrativa". L.: "Ah! No... Capito? Però domani mattina c'ho un incontro operativo alle otto... Direttamente con il grande capo e parliamo di tutto". R.: "Ah con il grande capo". L.: "Esatto, c'è anche Troiano... Su tutto". R.: "Eh perché se chiama il grande capo mi risolve il problema". L.: "Lo so, stai tranquillo". R.: "Me lo farebbe? Lui per me farebbe questa cosa?". L.: "Certo che lo farebbe". R.: "Perché per me è questione di vita o di morte". Secondo il giudice "il grande capo è proprio Rutelli". Dice oggi il legale della Manital Gianluigi Pellegrino: "Con i nostri ricorsi siamo stati i primi a svelare il "sistema Romeo". Ora bisogna chiedersi come mai la giunta Veltroni si sia ostinata a non revocare l'aggiudicazione di quell'appalto ritenuto illegittimo".

Le sentenze "ribaltate"

Nell'ordinanza di arresto il gip di Napoli scrive: "Alla luce delle conversazioni intercettate non può che assumere ora una valenza diversa la decisione del Consiglio di Stato che, sovvertendo l'esito della decisione del Tar accoglieva in toto l'appello proposto dalla Romeo che risultava così la definitiva aggiudicataria dell'appalto. Decisione che, proprio in ragione del chiaro e inequivoco contenuto delle conversazioni, appare frutto della palese "influenza" esercitata sull'organo giudicante da Romeo e soprattutto dai suoi "sponsor parlamentari", primo fra tutti Renzo Lusetti". Del resto la capacità di Romeo di influire sulle decisioni giudiziarie attraverso l'amicizia con i magistrati sarebbe già emersa analizzando i rapporti con Italo Bocchino e con il giudice Antonio Panico: "Fu proprio lui nel 1993 a scrivere la sentenza sulla controversia tra la Romeo Gestioni e il Comune di Napoli che conferma all'azienda il monopolio di fatto sulla gestione e manutenzione degli immobili comunali".

Fiorenza Sarzanini

19 dicembre 2008

 

 

 

 

Controlli a Roma su un altro appalto aggiudicato alla Romeo Gestioni

Napoli, Romeo nega le accuse

"Con i parlamentari rapporti marginali"

L'imprenditore arrestato nell'inchiesta sugli appalti interrogato per 5 ore: "Non esiste un "sistema""

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Alfredo Romeo (Arcieri)

Alfredo Romeo (Arcieri)

NAPOLI - Ha negato tutti gli addebiti l'imprenditore Alfredo Romeo, arrestato nell'ambito dell'inchiesta sugli appalti al Comune di Napoli. Durante l'interrogatorio di garanzia durato più di 5 ore nel carcere di Poggioreale, davanti al gip Paola Russo e ai pm Raffaello Falcone e Vincenzo D'Onofrio, Romeo ha respinto il teorema accusatorio di un "sistema" di affari che avrebbe avuto al centro proprio lui, sottolineando che i suoi rapporti con esponenti politici nelle giunte locali sarebbero stati "di tipo amministrativo". Quelli tra l'imprenditore e i parlamentari Italo Bocchino e Renzo Lusetti "erano - inoltre - rapporti marginali e non sono contemplati nell'ordinanza di custodia cautelare". Lo ha spiegato ai giornalisti Francesco Carotenuto, uno dei legali di Romeo. Con gli assessori coinvolti nell'inchiesta dei pm, invece, spiega l'avvocato, c'erano "rapporti istituzionali, rapporti previsti dal contratto di gestione stipulato dalla Romeo Gestioni spa con il Comune". Carotenuto e l'altro legale di Romeo, Bruno Von Arx, hanno chiesto ai pm di fissare un nuovo interrogatorio, che si terrà una volta ultimati tutti gli incontri del gip in quanto Romeo non ha ancora potuto approfondire tutti gli elementi contenuti nell'ordinanza di custodia cautelare. Gli avvocati hanno anche sottolineato che Romeo negli ultimi vent'anni si è aggiudicato un solo appalto del Comune, quello relativo al patrimonio comunale. "Il sistema Romeo non esiste" ha voluto sottolineare anche Carotenuto.

ASCOLTATI I COLLABORATORI DI ROMEO - In giornata sono stati, inoltre, ascoltati anche due i collaboratori dell’imprenditore: Paola Grittani e il docente universitario Guido Russo. Secondo l’accusa sono stati proprio loro a procedere alla stesura delle bozze dei capitolati di delibere d’appalto che sarebbero state "cucite addosso" sulle caratteristiche del gruppo Romeo. Gli interrogatori degli altri 10 indagati, tutti ai domiciliari, dovrebbero terminare entro il prossimo sabato.

VICEPRESIDENTE SI SOSPENDE - A Napoli nel frattempo il vicepresidente della Provincia di Napoli, Antonio Pugliese, in una lettera inviata al presidente Dino Di Palma, ha comunicato la sua decisione di sospendersi dall’incarico con decorrenza immediata. "Le indagini della Procura di Napoli condotte sull’attività del Comune e della Provincia di Napoli vedono coinvolta la mia persona - scrive -. Nello spirito di una corretta collaborazione con te e con la Giunta, al fine di tutelare l’Istituzione provinciale, ti comunico la mia volontà di rimettere le deleghe".

CONTROLLI A ROMA - Intanto anche a Roma verranno attivati controlli sull'efficacia di un altro appalto aggiudicato nella capitale alla Romeo Gestioni, appalto che riguarda la gestione dell'intero patrimonio immobiliare del Campidoglio. Lo ha annunciato l'assessore capitolino al Patrimonio Alfredo Antoniozzi. "Ho chiesto al direttore del III Dipartimento un resoconto che riceverò tra due o tre giorni su come sta operando la Romeo Gestioni in merito all'appalto per la gestione del patrimonio immobiliare del Comune di Roma"ha detto Antoniozzi. "Si tratta di circa 30mila alloggi - spiega - che comprendono anche case popolari. Da ciò che so, comunque, la Romeo effettua circa 10mila interventi di manutenzione all'anno e il numero di contenziosi non è consistente". Il primo appalto per la gestione del patrimonio immobiliare capitolino venne affidato alla Romeo Gestioni nel 1997. L'appalto è stato via via rinnovato, l'ultima volta nel 2005.

18 dicembre 2008(ultima modifica: 19 dicembre 2008)

 

 

2008-12-17

di pietro: "Lunedì l'Idv uscirà da tutte le giunte in Campania"

Napoli, due assessori in manette

Coinvolti anche Bocchino e Lusetti

Tredici persone arrestate nell'inchiesta "Global service". In carcere l'imprenditore Romeo, gli altri ai domiciliari

L'imprenditore Alfredo Romeo (Pressphoto)

L'imprenditore Alfredo Romeo (Pressphoto)

NAPOLI - Un terremoto giudiziario ha scosso il Comune di Napoli: tredici ordinanze di custodia cautelare sono state notificate a imprenditori, due assessori e un colonnello della Guardia di Finanza nell'ambito dell'inchiesta sull'appalto per la manutenzione delle strade e del patrimonio pubblico e per la gestione di mense scolastiche, il cosiddetto "Global service", oggetto di una delibera per 400 milioni mai appaltata per mancanza di fondi. Un terremoto che rischia di spaccare l'opposizione. Antonio Di Pietro ha annunciato che tutti gli esponenti dell'Italia dei Valori usciranno dalle giunte dei Comuni campani: "Lunedì prossimo il costituendo ufficio di presidenza dell'Idv stabilirà l’uscita da tutte le giunte in Campania finchè non si sarà risolta la questione morale".

ALFREDO ROMEO - L'operazione è stata condotta dalla Dia e dai carabinieri di Caserta, che hanno eseguito le ordinanze cautelari firmate dal gip di Napoli, che ha accolto le richieste della Direzione distrettuale antimafia napoletana, guidata dal procuratore Franco Roberti. Al centro dell'inchiesta l'imprenditore Alfredo Romeo, ora in carcere. Arresti domiciliari per gli ex assessori Enrico Cardillo e Giuseppe Gambale, gli assessori Felice Laudadio e Ferdinando Di Mezza, il provveditore Mautone e il colonnello della GdF Mazzucco, accusato di essere la talpa che rivelava agli indagati lo stato dell'inchiesta. Le accuse vanno dall'associazione a delinquere alla turbativa d'asta alla corruzione. Indagati a piede libero i parlamentari Renzo Lusetti (Pd) e Italo Bocchino (An). Alla base degli avvisi di garanzia per i due politici una serie di intercettazioni telefoniche con Romeo che secondo i pm rappresentano "l'unicità del complesso sistema illecito ideato e realizzato da Romeo", una "commistione impressionante tra politici di ogni colore e provenienza, organi istituzionali, pubblici funzionari, appartenenti alle forze di polizia". Il sindaco Rosa Russo Iervolino non è toccata dall'inchiesta, ma i magistrati indicano che "così come ci sono politici, c'è anche qualche magistrato al servizio di Romeo". Quest'ultimo filone dell'indagine è stato stralciato e affidato per competenza alla procura di Roma.

I QUATTRO ASSESSORI - Quattro gli assessori del Comune di Napoli, di cui due attualmente in carica, coinvolti nell’indagine e raggiunti da un provvedimento di custodia cautelare ai domiciliari. Enrico Cardillo è stato assessore al Bilancio (si è dimesso il 28 novembre), mentre Giuseppe Gambale era assessore alle Scuole. Ferdinando Di Mezza e Felice Laudadio sono ancora nella giunta Iervolino, rispettivamente con le deleghe al Patrimonio e all’Edilizia. Tutti e quattro sono stati sospesi dal Pd regionale. "In relazione alle indagini avviate e ai provvedimenti adottati dalla Procura di Napoli, il segretario regionale del Pd Tino Iannuzzi, d’intesa con quello provinciale Gino Nicolais - si legge nella motivazione -, nel ribadire fiducia nell’operato della magistratura e rispetto della presunzione costituzionale d’innocenza per le persone indagate, ha deciso in via cautelare di sospendere da ogni attività e incarico di partito gli assessori comunali in attesa dell’accertamento dei fatti".

GLI ALTRI ARRESTATI - Questi i nomi degli altri destinatari delle ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del tribunale di Napoli nell'ambito dell'inchiesta coordinata dal procuratore Giovandomenico Lepore, dal procuratore aggiunto e coordinatore della Dda Franco Roberti e dai pm Raffaello Falcone, Enzo D'Onofrio, Pierpaolo Filippelli. Alfredo Romeo, imprenditore napoletano, titolare della Romeo Service, unico per il quale è stata disposta la custodia cautelare in carcere. Agli arresti domiciliari sono Paola Grattani, sua collaboratrice; Guido Russo, ex funzionario dell'Arpa di fatto collaboratore di Romeo; l'ex provveditore alle opere pubbliche della Campania Mario Mautone; il colonnello della Guardia di Finanza già in forza alla Dia Vincenzo Mazzucco. Destinatari di ordinanze sono inoltre Vincenzo Salzano e Luigi Piscitelli.

BOCCHINO E LUSETTI - Ci sono anche due parlamentari in carica tra le persone coinvolte nell'inchiesta della Dda di Napoli. Sono Italo Bocchino (Pdl) e Renzo Lusetti (Pd). Per entrambi l'accusa è associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d'asta. Sarebbe, inoltre, stata chiesta l’autorizzazione a procedere alla Camera anche per poter utilizzare alcune intercettazioni telefoniche che vedrebbero il coinvolgimento dei due deputati. Secondo i magistrati napoletani Alfredo Romeo riceveva "l'illecito sostegno" di Lusetti per la realizzazione di appalti sia a Napoli che a Roma. Il parlamentare sarebbe intervenuto "presso esponenti del Consiglio di Stato per sostenere Romeo nell’atto di appello interposto contro una decisione del Tar favorevole a un'impresa concorrente". Lusetti da parte sua si dice innocente: "Nell'affermare la mia assoluta estraneità ad ogni eventuale reato per il quale la Procura di Napoli procede, darò ai magistrati la mia immediata disponibilità ad essere sentito per ogni necessario chiarimento". E Bocchino: "Ho profonda fiducia nella magistratura napoletana, mi presenterò il 12 gennaio al gip e chiederò alla giunta per le autorizzazioni di dare parere favorevole all'uso delle intercettazioni perché questo mi permetterà di spiegare questa vicenda kafkiana".

COINVOLTI MAGISTRATI - C'è anche qualche magistrato coinvolto nell'inchiesta, ma di questo stralcio si occupa l'ordine giudiziario di Roma, come spiegato il procuratore aggiunto di Napoli Franco Roberti. Dall'inchiesta sugli appalti emerge, secondo l'accusa, un "comitato" composto da politici, funzionari e qualche magistrato che avrebbe aiutato Romeo. Il procuratore Lepore ha confermato che il sindaco Rosa Russo Iervolino non è indagato, ma sottolineando che ci sono dei coinvolti nella Provincia di Napoli. Lepore ha confermato che alcuni consiglieri comunali sono stati sentiti dai magistrati come persone informate sui fatti, ma ha smentito che tra i consiglieri vi siano degli indagati. Infine il procuratore ha spiegato che alcune richieste "non sono state accolte dal gip". In particolare alcune richieste di carcerazione dei pm napoletani sono state infatti trasformate in custodia cautelare ai domiciliari. Lepore ha infine criticato la fuga di notizie circa le misure restrittive: "Non è partita da questo ufficio. Non c'era nessun interesse, anzi i primi a essere stati danneggiati siamo stati noi. Abbiamo aperto un fascicolo su questo".

17 dicembre 2008

 

 

idv fuori da giunte campane? "uno di meno, ma la decisione di di pietro È strana"

Iervolino a Veltroni: "Io vado avanti"

"Siamo di fronte a un fatto nuovo. Mi riservo di parlare con gli altri miei assessori e i partiti che mi sostengono"

Rosa Russo Iervolino (Ansa)

NAPOLI - "Ho comunicato con orgoglio al segretario che io ho intenzione di andare avanti e gli ho detto che sono pronta a segnali forti di rinnovamento. E lui mi ha detto: "Auguri, buon lavoro"". Così il sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino ha sintetizzato l'incontro a Roma con il leader del Pd Walter Veltroni dopo gli arresti dell'inchiesta "Global service" che ha sconvolto il Comune partenopeo. Alla domanda se pensa a un azzeramento della giunta, Iervolino ha risposto: "Non è detto, ci saranno segnali forti di rinnovamento che possono coesistere con alcune presenze che io ritengo assolutamente indispensabili". D'altra parte - ha sottolineato - un rimpasto di giunta è necessario "perché quattro ne mancano" (i due assessori dimissionari e i due arrestati, "subito sospesi" ha detto il sindaco).

"DI PIETRO? UNO DI MENO" - Veltroni è "rispettosissimo dell'autonomia del sindaco e della città" e l'incontro è andato "come doveva andare, cioè benissimo, come vecchi compagni di lavoro e di partito" dice soddisfatta. E non si scompone alla notizia che Di Pietro ha deciso di ritirare i propri rappresentanti dalle giunte campane. "Uno di meno e noi andiamo avanti affrontando tutti i nodi che possono esserci", anche se - sottolinea - "la decisione di Di Pietro mi pare un pochino strana. Lui stesso ha designato con me il membro della giunta che abbiamo scelto tra un docente universitario di alto profilo. Comunque rispetto Di Pietro anche perché è mezzo paesano del mio defunto marito".

"IO NON USO IL VINAVIL" - Entrando nella sede del Pd di largo del Nazareno, il sindaco di Napoli aveva annunciato la propria intenzione di non dimettersi "per dare un segnale di chiarezza" e aveva risposto ai cronisti con una battuta: "Se me lo chiede il segretario del partito... il Vinavil non lo uso io". Iervolino ha però ammesso che la questione morale all'interno del Partito democratico esiste: "C'è in tutto il mondo e al Senato Usa c'era un senatore che si stava vendendo il seggio di Obama. Qualche mela marcia ci sarà anche da noi, ma il cestino del Pd è ancora bello e pieno". "Qualcuno si ricorderà che io ho fatto dure lotte nel mio partito sulla questione morale - ha detto -. Si ricorderà che quando io ero segretario reggente del Partito popolare e presidente del consiglio nazionale ho firmato di mio pugno tutti i provvedimenti di espulsione. I potenti di allora sono rimasti fuori perché li ho buttati fuori io, figurarsi se ora non mi batterò per una questione morale".

CONFRONTO CON LA COALIZIONE - Commentando a caldo gli arresti il sindaco aveva parlato della necessità di aprire un confronto con il suo partito e la coalizione. "Mi riservo di parlare con gli altri miei assessori e i partiti che mi sostengono. Ho avuto nei giorni scorsi ampio sostegno sia dal mio partito che dal resto della coalizione, ma ora siamo di fronte a un fatto nuovo". Ma fin da subito ha sottolineato la propria estraneità ai fatti: "Per fortuna nessun rilievo di carattere penale viene fatto al sindaco. Queste - dice indicando le mani - sono pulitissime. Anche da queste intercettazioni di 500 pagine non c'è una riga che mi riguarda". Elemento confermato dal procuratore Giovandomenico Lepore.

17 dicembre 2008

 

 

in Italia un patrimonio immobiliare stimato in circa 48 miliardi di euro

Romeo story, ecco l'immobiliarista

che fa tremare i Palazzi del potere

Il gruppo si occupa delle case di Milano, Venezia e Roma dove effettua anche la manutenzione delle strade cittadine

Case popolari

Case popolari

NAPOLI — Avrebbe dovuto segnare il suo trionfo, rischia di diventare il simbolo della sua sconfitta. L'undici dicembre Alfredo Romeo ha inaugurato l' albergo extralusso che ha costruito in via Cristoforo Colombo, nel vecchio palazzo della flotta Lauro. Sindaca ed amministratori si sono ben tenuti lontani. La compagnia di questo imprenditore, nel bel mezzo dei veleni suscitati dalle anticipazioni dell'inchiesta sul Global Service, era molto molto imbarazzante. Come in passato.

Proprio come nel 1993. Alfredo Vito, "mister centomila voti", ammette di avere ricevuto da Romeo 4 miliardi di lire. L'imprenditore sarà condannato in appello per corruzione a 2 anni e 6 mesi. La sentenza non diventerà mai definitiva: il 2 ottobre 2000 è prescritta in Cassazione. Esce indenne anche dall'inchiesta per corruzione che lo coinvolgerà due anni più tardi, con due funzionari del Comune di Napoli.

Nel 2001 Romeo è di nuovo nell'occhio del ciclone. Vigilia di voto per il Comune. Rosa Russo Iervolino fa del contrasto all'imprenditore, che gestisce dal 1998 l'intero patrimonio immobiliare napoletano, uno dei cavalli di battaglia della sua campagna elettorale. Non andrà proprio così. Nel 2005 scade il contratto col Comune per la gestione di 23.457 alloggi. La giunta rinnova l'affidamento a Romeo per altri 7 anni, senza passare per il consiglio comunale. La proposta di delibera è dell'assessore al Patrimonio Ferdinando Balzamo. La squadra della Iervolino ratifica all'unanimità. A Romeo — che nel 2003 aveva anche vinto un contenzioso amministrativo con l'amministrazione — quella delibera frutta 7.627.425 euro all'anno, dal 2005 al 2012. Lui, in cambio, s'impegna a gestire il patrimonio immobiliare del Comune: inventario, mappatura, predisposizione e riscossione dei contratti di affitto, manutenzione ordinaria e straordinaria. "Per quest'ultima il Comune investe ogni anno 15 milioni di euro", quantifica il consigliere comunale Nino Funaro. Economicamente, il nuovo contratto tra palazzo San Giacomo e Romeo non offre novità, rispetto a quello stipulato nel 1998. L'immobiliarista, però, si impegna a velocizzare il call center, ad ampliare l'operatività degli sportelli decentrati, a "migliorare l'interfacciamento tra il Comune e il Gestore (sic)", "a migliorare la reportistica sull'attività manutentiva". Che ci sia riuscito è opinabile, se si dà credito alle lamentele degli inquilini che protestano per disguidi e pessima manutenzione. Che ce ne fosse bisogno è certo.

Già nel 2006, ben prima della nuova indagine annunciata dai quotidiani, la Corte dei Conti dedica una relazione alla gestione del patrimonio immobiliare campano, nella quale non mancano accenti critici verso Romeo. "Dall'esame complessivo della gestione dell'edilizia pubblica residenziale ", scrivono i giudici contabili 27 mesi fa, "è emersa la necessità di una maggiore attenzione alla cura ed alla conservazione del patrimonio immobiliare". A Napoli rilevano un tasso di morosità pari al 41%. Romeo presenta le sue controdeduzioni, fa notare che migliaia di alloggi sono oggetto di contenzioso e va avanti verso altri traguardi. Il Comune di Napoli gli affida nel 2006 la vendita di 2.351 unità immobiliari, localizzate in 369 fabbricati. Gli inquilini hanno facoltà di esercitare il diritto di priorità. L'operazione, denuncia il sindacato inquilini il 6 febbraio, procede con enormi ritardi. "Nonostante i solenni e roboanti annunci dell'assessorato al Patrimonio e della società di gestione — lamenta Antonio Giordano, il segretario provinciale del Sunia — ancora non una sola lettera è giunta ai circa 13.000 inquilini del patrimonio pubblico interessato dal piano di dismissione".

Va avanti invece speditamente il consolidamento del gruppo: nel 2007 impiega più di 500 persone e controlla un patrimonio da 48 miliardi. Gestisce case a Milano, a Venezia ed a Roma. Si occupa della manutenzione delle strade capitoline, ma recentemente il sindaco Alemanno ha interrotto il rapporto. Sembra trascorso un secolo da quel lontano settembre 1991, quando il Tar bloccò la delibera del Comune di Napoli che, nel 1989, affidava a Romeo la gestione del patrimonio immobiliare per 6 anni e 97 miliardi di lire.

Fabrizio Geremicca

05 dicembre 2008(ultima modifica: 17 dicembre 2008)

 

 

 

Il blitz

Romeo, sotto sequestro le società:

c'è anche l'albergo inaugurato venerdì

Bloccati anche tutti i conti correnti dell'imprenditore

e dei familiari: in tutto centinaia di milioni - Il video

NAPOLI - La procura ha disposto il sequestro di tutte le società "direttamente e indirettamente riconducibili a Alfredo Romeo", l’imprenditore arrestato oggi nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti a Napoli. Società dal valore di "svariate centinaia di milioni di euro". Sequestrata anche la quota di Romeo anche nell’albergo recentemente inaugurato a Napoli (anch’esso finito al centro dell’indagine e che porta il nome dell'immobiliarista) nonchè tutti i conti correnti riconducibili a Romeo e al suo nucleo familiare. L'albergo tuttavia è regolarmente in funzione

17 dicembre 2008

 

 

la delibera

Global Service, un affare da 400 milioni

In realtà si tratta di un business che non è mai partito

Riguardava manutenzione di strade, giardini e patrimonio

NAPOLI - Un affare da 400 milioni di euro, in realtà mai partito. La delibera sul global service, al centro dell’inchiesta che ha portato oggi all’emissione di numerose ordinanze di custodia cautelare, intendeva affidare a un unico gestore, come avvenuto in altre città, l’appalto per una serie consistente di lavori pubblici e manutenzioni di competenza del Comune. La delibera fu varata ma il relativo appalto non è mai partito, a causa della mancanza di copertura finanziaria. Dieci giorni fa, intervistata da Lucia Annunziata a "Mezz’ora", il sindaco Rosa Iervolino si era soffermata su alcuni passaggi della vicenda. La delibera era stata "sottoposta di corsa ad una commissione contro la corruzione nella pubblica amministrazione, guidata dal prefetto Serra e composta da magistrati. E ci ha detto che andava bene". Poi era stata anche sottoposta a una commissione di giuristi e alti magistrati, "secondo la quale le norme per la prevenzione degli incidenti sul lavoro non erano ancora forti". In ogni caso "non abbiamo fatto la gara, non abbiamo fatto assolutamente nulla. E chi vuole imbrogliare non sottopone i documenti approvati a verifiche non dovute".

17 dicembre 2008

 

 

 

l'ex assessore: "lo scoglio più grosso era in giunta"

La conversazione tra Nugnes e Romeo

La preoccupazione dell'imprenditore, secondo la procura, è che potessero essere avvantaggiate altre imprese

NAPOLI - "Tu un amico tieni...". Così l'allora assessore comunale al Patrimonio Giorgio Nugnes, morto suicida il 27 novembre, si rivolge all'imprenditore Alfredo Romeo in una conversazione relativa alla definizione della delibera per l'appalto "Global service". L'intercettazione risale al 4 marzo 2007. La delibera avrebbe ottenuto il via libera dalla giunta comunale il 24 marzo e poi doveva affrontare lo scoglio del Consiglio. La preoccupazione dell'imprenditore, secondo la procura di Napoli, è che potessero essere avvantaggiate altre imprese, in particolare quelle che fanno parte dell'Acen, se l'appalto non fosse stato caratterizzato con determinati requisiti, ossia come appalto di servizi e non di opere.

Nugnes: Tu un amico tieni...

Romeo: Eh, Giorgio, ma noi ce la dobbiamo tenere stretta questa amicizia perché se no questi ci fanno, perché...

Nugnes: Sì, sì, no il problema sai qual è? Che questo è il più grande provvedimento di questa consiliatura, allora dice... arriva questo fresco fresco, ragazzino ragazzino, e ci frega a tutti quanti insomma.

Romeo: Eh però non hanno capito, perché quelli appartengono alla solita parrocchia delle lobby

amministrative locali.

Nugnes: Alfredo, comunque lo scoglio più grosso era in giunta.

Romeo: Però, Giorgio, teniamo gli occhi aperti perché questi non tengono le palle per promuovere niente di meglio di quello che oggi attualmente c'è sul campo.

Nugnes: E vogliono soltanto ostacolare gli altri.

Romeo: Sì hai ragione, vogliono ostacolare gli altri, azzuppare nell'orto degli altri... Allora bisogna stare con gli occhi aperti.

Secondo la Procura questa conversazione "evidenzia le preoccupazioni di Romeo che temendo cordate o ostacoli frapponibili da parte di potenziali concorrenti sponsorizzati da altri componenti dell'amministrazione cittadina, viene rassicurato dal suo fiero interlocutore che ha già superato, e lo rimarca come successo politico, lo scoglio della giunta".

17 dicembre 2008

 

 

in merito alla delibera "Global service"

La conversazione tra Bocchino e Romeo

Il parlamentare, secondo gli inquirenti, rassicura circa

il suo intervento sui consiglieri per indirizzarne l'operato

"Non ti preoccupare perché domani sera c'è una riunione con tutti a cui viene spiegato qual è la tesi da sostenere". Lo afferma il deputato del Pdl Italo Bocchino in una conversazione telefonica del 18 marzo 2007 con l'imprenditore Alfredo Romeo. Le rassicurazioni offerte dal parlamentare, secondo gli inquirenti, riguardano il suo intervento sui consiglieri comunali del suo partito allo scopo di "indirizzare" il loro operato in vista della delibera "Global service". Romeo incalza Bocchino "in merito alle sue prospettazioni - scrivono i magistrati - suggerendo le argomentazioni tecniche, politiche e comunitarie necessarie ad orientare l'operato dei consiglieri sui quali si deve intervenire per garantire il risultato". Dice Bocchino, rassicurandolo: "Bisogna tenere le

posizioni giuste, dobbiamo rispettare quella che è la decisione dell'Europa, cioè che si tratta di un servizio e non di un'opera". Quest'ultima, secondo la valutazione degli inquirenti, è una questione cruciale della vicenda: Romeo appare preoccupato se, come requisito dell'appalto, venisse preso in considerazione il criterio di fornitore di opera e non quello di servizi, settore quest'ultimo che gli avrebbe assicurato l'aggiudicazione della gara.

C'è un'altra conversazione tra il politico e l'imprenditore ritenuta rilevante dagli inquirenti. Risale al 27 marzo 2007 e fa riferimento a una moltitudine di emendamenti presentati in consiglio comunale che creavano ostacoli alla approvazione della delibera "Global service".

Bocchino: Alfredo.

Romeo: Italo, come stai?

Bocchino: Bene, lì si è rinviato so, ho seguito tutto.

Romeo: Sì, hanno fatto una ottantina di emendamenti, ma come mai?

Bocchino: No, tutti hanno fatto una ottantina di emedamenti.

Romeo: No, soltanto An perché gli altri sono usciti.

Bocchino: Comunque è stato rinviato il consiglio in modo che ritirano gli emendamenti e... avrebbero trovato un'intesa per fare una sorta di... di... comitato di sorveglianza sulla procedura, giusto così per trovare una via d'uscita politica, però è tutto a posto.

Romeo: Ah, ma non c'è nessuna volata a qualcuno?

Bocchino: Ness... no no, nessun problema.

Romeo: Quindi possiamo entrare un po' nel merito di queste cose, di questi emendamenti?

Bocchino: Come no come no come no,

Romeo: Che dici?

Bocchino: Io domani vengo a... domani mattina ti chiamo e veniamo io e quel mio amico che ti avevo detto a trovarti.

17 dicembre 2008

 

 

l legale è imputato per corruzione in atti giudiziari insieme al presidente del Consiglio

Mills, pm chiede condanna a quattro anni

Secondo l'accusa agì "con paura colpevole" quando il fisco si interessò ai 600mila dollari avuti da Berlusconi

Dalla Cassazione un altro no alla ricusazione del giudice Gandus (16 dicembre 2008)

David Mills (Afp)

MILANO - Quattro anni e otto mesi. È la condanna chiesta per l'avvocato David Mills dal pm Fabio De Pasquale che ha tenuto la sua requisitoria davanti ai giudici della X Sezione penale del tribunale di Milano. Secondo l'accusa Mills agì "con la paura del colpevole" quando il fisco inglese si interessò a quei 600 mila dollari che il legale avrebbe ricevuto da Silvio Berlusconi per rilasciare dichiarazioni non veritiere nell'ambito di due vecchi processi milanesi: All Iberian e quello sulla corruzione nella Guardia di Finanza.

"RAPPORTO DI SUDDITANZA" - "Non fu una corruzione occasionale, Mills aveva un rapporto di sudditanza e dipendenza economica con Silvio Berlusconi e il suo gruppo - ha detto De Pasquale -. Ha preso tanti soldi per dire il falso nei processi a carico di Berlusconi". Un rapporto di "sudditanza e dipendenza economica" che, secondo il pm, comincia nel 1995 e va avanti fino al 2004. Il pm ha sottolineato come Mills abbia avuto in tutta questa vicenda un "comportamento particolare" così come "è particolare il suo ruolo di avvocato d'affari". La difesa dell'imputato parlerà a gennaio, quando ci sarà anche la sentenza. L'accusa a suo carico è di corruzione in atti giudiziari; reato ipotizzato anche per il presidente del Consiglio, ma la sua posizione è stata stralciata in attesa che la Consulta decida sull'ammissibilità del lodo Alfano.

17 dicembre 2008

 

 

 

Bufera sulla giunta comunale: arrestati

Di Mezza e Laudadio. In cella anche l'imprenditore Romeo. Accuse a Bocchino (An) e Lusetti (Pd). L'inchiesta riguarda l'appalto per la manutenzione delle strade

 

Assessori coinvolti

Ecco chi sono i quattro amministratori arrestati: sono quattro big della politica

A loro si sarebbe aggiunto quello di Nugnes finito ai domiciliari per i fatti di Pianura e poi suicidatosi

NAPOLI - Sono quattro nomi di primissimo piano nella vita politica e amministrativa della città gli assessori comunali - due ex, due ancora in carica - finiti agli arresti domiciliari per l’inchiesta global service. Quattro nomi ai quali con ogni probabilità se ne sarebbe aggiunto un quinto, quello di Giorgio Nugnes, l’esponente del Pd finito ai domiciliari per gli scontri di Pianura e poi suicidatosi il mese scorso, coinvolto con loro nell’inchiesta. Uno dei due ex assessori arrestati è Giuseppe Gambale, già parlamentare e componente della commissione parlamentare antimafia, sottosegretario all’istruzione nel secondo governo D’Alema e nel successivo guidato da Giuliano Amato. Napoletano, 44 anni, cardiologo, Gambale è stato eletto per la prima volta alla Camera nel 1992, a 28 anni, nelle liste del movimento La Rete; sarà confermato altre tre volte, aderendo ai Democratici, poi alla Margherita e infine al Pd. Ha sostenuto numerosi progetti di legge nel campo della lotta alle mafie. Dal 2006 per due anni è assessore all’educazione, trasparenza e legalità nella seconda giunta Iervolino, da cui è uscito in seguito a un rimpasto. Un big della politica campana è anche l’altro ex assessore arrestato, Enrico Cardillo, per vent’anni impegnato nella Uil fino a diventarne segretario generale in Campania. Dal 2001 fino alle sue dimissioni, pochi giorni fa, si è occupato di bilancio e risorse strategiche nelle due giunte guidate dalla Iervolino, divenendo una figura chiave dell’amministrazione cittadina: si è occupato tra l’altro dell’emissione dei Boc, le obbligazioni comunali, sui mercati internazionali. Esponente dei Ds, ha poi aderito al Pd. I due assessori in carica finiti ai domiciliari sono Ferdinando Di Mezza, 53 anni, presidente regionale di Legambiente dal 1990 al 2001, assessore già nella prima giunta Iervolino e poi confermato nell’attuale secondo esecutivo con le deleghe al patrimonio e alla manutenzione degli immobili, e Felice Laudadio, 61 anni, tra i più noti avvocati amministrativisti in città. Docente di diritto amministrativo a Cassino, ha presieduto l’Azienda napoletana mobilità prima di essere chiamato nella seconda giunta Iervolino a occuparsi di edilizia.

17 dicembre 2008

 

 

 

L'operazione è stata condotta dalla Dia e dai Carabinieri di Caserta

Napoli, assessori in manette

Coinvolti due parlamentari

In totale sono 13 le persone coinvolte nell'inchiesta. Tra di loro anche gli onorevoli Bocchino (Pdl) e Lusetti (Pd)

L'imprenditore Alfredo Romeo (Pressphoto)

L'imprenditore Alfredo Romeo (Pressphoto)

NAPOLI - Operazione della Dia che segna un duro colpo al Comune di Napoli: due assessori sono stati arrestati. In carcere è finito l'imprenditore Alfredo Romeo, coinvolto nell'indagine sulla delibera "Global service", approvata dal Comune di Napoli. Altre 12 persone sono invece agli arresti domiciliari: tra essi due assessori della giunta comunale di Napoli, due ex loro colleghi e un ex provveditore alle opere pubbliche. L'operazione è stata condotta dalla Dia e dai Carabinieri di Caserta, che hanno eseguito le ordinanze cautelari firmate dal Gip di Napoli, che ha accolto le richieste della Direzione distrettuale antimafia napoletana, guidata dal procuratore Franco Roberti. I provvedimenti riguardano l'indagine sulla delibera "global service" approvata dal comune di Napoli per la manutenzione delle strade e del patrimonio pubblico oltre che per la gestione di mense scolastiche.

QUATTRO GLI ASSESSORI COINVOLTI - Sono quattro gli assessori del Comune di Napoli, già dimissionari oppure attualmente in carica, coinvolti nell’indagine. I quattro esponenti politici sono stati raggiunti mercoledì mattina da un provvedimento di custodia cautelare ai domiciliari. Enrico Cardillo è l’ex assessore al Bilancio (dimessosi il 28 novembre scorso, ndr) mentre Giuseppe Gambale era l’ex assessore alle Scuole. Ferdinando Di Mezza e Felice Laudadio, invece, sono ancora nella giunta Iervolino rispettivamente con le deleghe al Patrimonio e all’Edilizia.

I NOMI DEGLI ARRESTATI - Questi i nomi dei altri destinatari delle ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del tribunale di Napoli nell'ambito dell'inchiesta sul global service, coordinata dal procuratore Giovandomenico Lepore, dal procuratore aggiunto e coordinatore della Dda Franco Roberti e dai pm Raffaello Falcone, Enzo D'Onofrio, Pierpaolo Filippelli. Alfredo Romeo, imprenditore napoletano, titolare della Romeo Service, unico per il quale è stata disposta la custodia cautelare in carcere. Agli arresti domiciliari sono Paola Grattani, sua collaboratrice; Guido Russo, ex funzionario dell'Arpa di fatto collaboratore di Romeo; l'ex assessore comunale all'istruzione ed ex parlamentare Giuseppe Gambale; l'ex assessore al bilancio del comune Enrico Cardillo; gli assessori comunali in carica Ferdinando Di Mezza (sue le deleghe al patrimonio e alla manutenzione degli immobili) e Felice Laudadio (edilizia); l'ex provveditore alle opere pubbliche della Campania Mario Mautone; il colonnello della guardia di finanza già in forza alla Dia Vincenzo Mazzucco. Destinatari di ordinanze sono inoltre Vincenzo Salzano e Luigi Piscitelli.

COINVOLTI ANCHE I DUE PARLAMENTARI BOCCHINO E LUSETTI - Ci sono anche due parlamentari in carica tra le persone coinvolte nell'inchiesta della Dda di Napoli. Sono Italo Bocchino (Pdl) e Renzo Lusetti (Pd). Per entrambi l'accusa è associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d'asta. Sarebbe, inoltre, stata chiesta l’autorizzazione a procedere alla Camera dei deputati anche per poter utilizzare alcune intercettazioni telefoniche che vedrebbero il coinvolgimento di Bocchino e Lusetti.

17 dicembre 2008

 

 

 

 

Il deputato del Pd si difende davanti alla Giunta per le Autorizzazioni della Camera

Margiotta: "Sono innocente"

Giovedì la decisione della Giunta

"Nel momento in cui si è svolta la gara d'appalto io ero in vacanza all'estero"

L'imprenditore all'onorevole: "Salvatò, ti porto 200 mila euro" (17 dic. 2008)

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Woodcock e le tensioni con la moglie poliziotta dell'indagato-chiave (17 dic. 2008)

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Tangenti sul petrolio in Basilicata, finisce in carcere l'ad di Total Italia (17 dic. 2008)

Il deputato del Pd Salvatore Margiotta (Fotogramma)

Il deputato del Pd Salvatore Margiotta (Fotogramma)

ROMA - "Non ho proprio fatto nulla. Contro di me c'è solo del "fumus persecutionis" perché questo magistrato è da molto tempo che si occupa di me e della mia famiglia", peraltro nel momento in cui si è svolta la gara d'appalto che "mi accusano di aver alterato, io ero in vacanza all'estero". Si difende così Salvatore Margiotta, il deputato del Pd accusato di corruzione dal Pm di Potenza Henry John Woodkock, davanti alla Giunta per le Autorizzazioni della Camera. I componenti della Giunta lo ascoltano e molti di loro, tra cui Antonio Leone (Pdl) e Pierluigi Mantini (Pd) esprimono forti perplessità sull'ordinanza dei magistrati di Potenza.

I TEMPI - Il presidente dell'organismo parlamentare Pierluigi Castagnetti rinvia comunque la seduta a giovedì mattina per dare tempo a tutti i deputati della Giunta di leggersi le carte. È molto probabile, avverte Mantini, che la richiesta di arresti domiciliari per Margiotta possa venire esaminata dall'Aula di Montecitorio già venerdì. È molto probabile che la Giunta possa dare il suo parere sul caso Margiotta già giovedì Si è deciso infatti di non chiedere al Tribunale di Potenza nuovi atti come era stato ipotizzato in un primo momento perché l'ordinanza, commenta Leone "è già bella copiosa". Anche se per Mantini non direbbe "granché". "Giovedì potremmo già esprimere il parere e venerdì sottoporlo al voto dell'Aula" aggiunge Mantini secondo il quale la richiesta avanzata del Pm di Potenza Henry John Woodcock avrebbe una base "inconsistente". "Noi da questi atti - prosegue - non riusciamo neanche a capire da chi fosse composta la commissione della gara d'appalto che sarebbe stata corrotta". "Come è possibile - domanda Mantini - per uno che ha studiato un filo di diritto proporre una custodia cautelare su una base così inconsistente?".

DUBBIOSI - Forti perplessità le ha anche Antonio Leone (Pdl) secondo il quale non ci sarebbero i presupposti per dire sì all'arresto di Margiotta. "Da una prima lettura veloce - osserva - mi sembra che la richiesta non abbia grande fondamento. Contiene, infatti, contraddizioni e incongruenze tecniche che dovrebbero portare a non dare l'autorizzazione". Anche un altro componente della Giunta, Nino Lo Presti (Pdl), non sembra convinto della richiesta formulata dal Pm di Potenza. "Ad una prima lettura degli atti - commenta - mi sembra che tutto risulti piuttosto fumoso. Nulla ci dice che tipo di ruolo avrebbe avuto Margiotta in questa gara d' appalto. Come sarebbe di fatto intervenuto per alterarla?".

"ERO ALL'ESTERO" - E anche l'interessato, cioè Salvatore Margiotta, nella sua relazione davanti alla Giunta solleva questo dubbio: "Cosa avrei fatto nella pratica per meritare questa accusa? Non viene mai riportata una mia frase, niente che possa dimostrare davvero un mio coinvolgimento in questa storia. Peraltro ero all'estero quando si svolse la gara". Il parlamentare poi ribadisce di non aver mai chiesto, nè preso soldi da nessuno degli indagati. E spiega di essersi rimesso al giudizio della Giunta. "Non voglio nessuna protezione di casta - afferma davanti ai cronisti - ho chiesto solo che si leggano bene le carte per rendersi conto della situazione e per valutare con chiarezza". "Sono comunque abituato - conclude - a non pensare mai alle dietrologie, perché altrimenti si impazzirebbe. Ma le coincidenze in questa storia sono davvero notevoli...".

17 dicembre 2008

 

 

LE Carte

L'imprenditore all'onorevole:

"Salvatò, ti porto 200 mila euro"

Le telefonate di Ferrara per aggiudicarsi i lavori del "Centro Oli"

ROMA — L'incontro è avvenuto a Potenza, domenica 16 dicembre 2007, all'incrocio tra via Mazzini e via IV Novembre. I carabinieri addetti al pedinamento annotarono: "16.44: Ferrara Francesco e Margiotta Salvatore si allontanano in conversazione per via IV Novembre direzione piazza Prefettura. 16.54: Ferrara Francesco e Margiotta Salvatore ritornano da via IV Novembre".

Dieci minuti di colloquio all'aperto "nonostante le avverse condizioni meteorologiche che in quei giorni stringevano Potenza e tutta la Basilicata in una morsa di neve e ghiaccio", scrive il giudice; una "sfida alle temperature inclementi", continua, per evitare che da eventuali intercettazioni "si potesse ricostruire la trama delle loro relazioni e dei loro comuni affari ".

Esattamente un anno dopo, ieri, quell'incontro tra l'imprenditore Ferrara e il deputato del Partito democratico Margiotta è diventato uno dei maggiori indizi alla base dell'arresto del primo e della richiesta di detenzione domiciliare per il secondo. Il contenuto del colloquio non lo conosce nessuno, ma per il giudice è riassunto nelle telefonate intercettate prima e dopo fra lo stesso Ferrara — impegnato nelle manovre per aggiudicarsi un appalto per la realizzazione del Centro di trattamento Oli chiamato "Tempa Rossa" — e altre persone. "Ho urgenza di vedere quell'amico nostro, nel pomeriggio, a qualsiasi ora, stasera, domani mattina... ma tra stasera e domani... dove vuole lui", dice a un intermediario il 15 dicembre, riferendosi proprio a Margiotta, dopo aver saputo delle difficoltà intervenute nell'assegnazione dei lavori. Si videro l'indomani, e il 21 dicembre, nella telefonata con un'amica alla quale svela i meccanismi previsti per lo svolgimento della gara, riferisce un discorso dai lui fatto: "Dico: "Guarda che questi lunedì o martedì vengono in Basilicata a fare dei lavori.. quelli della Total... eccetera. Salvatò, io voglio il lavoro, lo voglio. Io ti devo portare duecentomila euro il giorno in cui mi assegnano definitivamente, e tu lo sai come sono io. Tu mi devi dire le cose come stanno. E poi non è che il presidente... se la vede con te"".

Per la Procura di Potenza e il giudice che ha chiesto l'arresto del deputato, quel "Salvatò" è riferito a Salvatore Margiotta che doveva, "probabilmente ", convincere "il presidente", cioè il governatore della Basilicata Vito De Filippo, a rimuovere gli ostacoli insorti nell'appalto. E il riferimento al denaro è "una promessa di 200.000 euro al parlamentare Margiotta ". In una conversazione del 18 dicembre (due giorni dopo l'incontro), "ricorrendo a un linguaggio criptico cui lo spinge la consapevolezza, acquisita grazie ai suoi informatori, di essere intercettato", ancora Ferrara parla con un altro imprenditore e gli dice: "Sono riuscito ad arrivarci. Mi sono attrezzato e ci sono arrivato... Lui dice che problemi... Il capo-cantiere ha guardato, ha detto... Secondo lui problemi non ce ne sono". Subito dopo: "Anche se io gli ho spiegato quali sono le difficoltà del cemento... lavorarlo non è cosa facile! Gli ho spiegato per filo e per segno... a duecento, a trecento... eccetera". Infine: "Io gli ho detto: "Valuta bene la cosa. Poi se fai un buon lavoro, che riuscite a lavorare, che riuscite a fare, vediamo se in busta paga riusciamo a darvi un premio!".

I magistrati ritengono "assolutamente evidente" che un imprenditore come Ferrara non si occupa personalmente del calcestruzzo, né va a parlare con un capocantiere; quel discorso, quindi, "altro non è che un'allusione velata all'abboccamento avvenuto a Potenza tra Ferrara e Margiotta nel corso del quale l'imprenditore avrebbe promesso all'uomo politico 200.000 euro in cambio dell'aggiudicazione definitiva dell'appalto per i lavori del Centro Oli". Conclusione di chi vuole l'arresto del parlamentare: "Tra il Ferrara e il deputato Margiotta risulta aperta una vera e propria "partita di giro" di dare-avere, appunto sempre aperta, in relazione alla quale prestazioni e controprestazioni tra politici ed imprenditori si intrecciano e si bilanciano, come in ogni "stanza di compensazione" che si rispetti, dominata da un'evidente logica di spartizione e di lottizzazione degli appalti". Che secondo l'accusa continua ancora se in un una telefonata del settembre 2008, riferendosi a Margiotta "per una questione di cui evidentemente è più prudente non parlare per telefono", il consigliere provinciale del Pd di Matera Nicola Montesano dice a Ferrara: "Quell'amico che ti vedesti a Roma... siccome l'ho visto oggi... ha detto che vi dovete vedere... che ha bisogno di parlarti... Lui mi ha detto tra una ventina di giorni".

Giovanni Bianconi

17 dicembre 2008

 

l pm e la funzionaria

Woodcock e le tensioni con la moglie poliziotta dell'indagato-chiave

La consorte di Salvatore Margiotta era il capo della squadra mobile di Potenza all'epoca dell'inchiesta

Il pm Henry John Woodcock (Tony Vece)

Il pm Henry John Woodcock (Tony Vece)

C'è un retroscena nei rapporti tra il pubblico ministero Henry John Woodcock e il parlamentare del Pd Salvatore Margiotta. Perché la moglie di quest'ultimo, Luisa Fasano, era il capo della squadra mobile di Potenza all'epoca dell'inchiesta sui personaggi dello spettacolo che sarebbero stati ricattati da Fabrizio Corona. Era lei a svolgere gli accertamenti. A lei Raoul Bova, al termine di un interrogatorio, inviò un galante sms di ringraziamento. Sembrava filare tutto liscio, finché — indagando sull'attività del faccendiere Massimo Pizza e il principe Vittorio Emanuele di Savoia — il magistrato non ascoltò conversazioni tra i coniugi Margiotta. E avviò una nuova indagine che il mese scorso lo ha convinto a chiedere il rinvio a giudizio di entrambi per abuso d'ufficio, accusandoli di aver fatto togliere una multa da 300 euro all'autista del deputato.

Alla Fasano, nel frattempo trasferita alla questura di Matera, viene contestato anche il peculato, "per aver utilizzato il telefono cellulare di servizio per chiamate personali ", e la rivelazione di segreto d'ufficio. Non sono mai andati d'accordo il pm e la poliziotta. Più volte Woodcock aveva manifestato ai vertici della questura il sospetto che dalla squadra mobile uscissero informazioni sulle indagini in corso, ma anche sulla sua vita privata. E la conferma su questo arrivò nell'ottobre del 2007 quando — durante una puntata di "Anno Zero" — fu trasmessa la trascrizione di una conversazione telefonica tra la Fasano e un suo amico. La funzionaria mostrava grande interesse per alcune fotoche ritraevano lo stesso Woodcock in compagnia della giornalista Federica Sciarelli.

Fasano: Avevo detto a mio marito di comprarlo... Praticamente si è vergognato come un ladro. Gli ho detto, ma scusa a Roma chi ti conosce... e lui no, mi vergogno.

Amico: (ride)

F: Guarda tre ore di storie, finalmente se lo compra e infatti non c'è niente.

A: Però la fonte mia era fidatissima.

F: Manco avessi detto di comprare "le Ore". E' un giornaletto così... Io poi c'avevo una curiosità che, guarda volevo morire. Anche perché oggi c'era Tony Vece che questa cosa la dava per sicura. A: Allora lo vedi che non ero solo io...

F: No, lui la dava per sicura... ha detto, l'unica cosa è che secondo me però non c'erano le foto... insomma quelle con la Sciarelli e company perché dice che quelle se le riserva Corona quando esce dal carcere.

A: Due ore di lavoro buttate.

F: Vabbè se ci sono novità aggiornami... La nostra spia romana ha fatto acqua... ciao bello, buonanotte.

A: Teniamocela cara però, ci può sempre servire. Le foto del magistrato e della giornalista di Raitre furono effettivamente pubblicate qualche settimana dopo dal settimanale "Chi". In altre inchieste condotte da Luigi De Magistris la coppia Margiotta-Fasano è apparsa al centro di "una vasta rete di rapporti con uomini politici, alti magistrati e appartenenti alle forze dell'ordine rivolta anche al perseguimento di interessi personali".

Fiorenza Sarzanini

17 dicembre 2008

 

 

 

Sequestrate le cartelle con le dazioni "in nero"

Voli gratis al sindaco di Pescara,

indagato Toto junior

Tra D'Alfonso e i proprietari di AirOne "rapporto strettissimo"

DAL NOSTRO INVIATO

PESCARA — Non soltanto il presidente dell'AirOne, Carlo Toto. Anche suo figlio Alfonso è fra gli indagati dell'inchiesta di Pescara. È uno dei 40 nomi che figurano nell'ordinanza del gip Luca De Ninis: tutti inquisiti, a vario titolo, per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e alla concussione, truffa, falso e peculato. Soltanto per cinque di loro, però, la Procura ha chiesto provvedimenti: arresti domiciliari per il segretario regionale del Pd nonché sindaco della città Luciano D'Alfonso, per il suo braccio destro Guido Dezio e per l'imprenditore Massimo De Cesaris (tutti concessi) e poi interdizione dagli uffici pubblici (sulla quale si deciderà dopo gli interrogatori) per Marco Molisani e Fabrizio Paolini, il primo vicecapo di gabinetto, il secondo factotum personale del sindaco.

Le indagini del pm Gennaro Varone decollano sul finire di una vecchia inchiesta nella quale era rimasto coinvolto Guido Dezio, addetto alla segreteria particolare del sindaco D'Alfonso. Durante una perquisizione a casa di Dezio viene sequestrato un raccoglitore con strane cartellette: sono suddivise per voci tipo "elenco imprenditori", "Coordinate bancarie Margherita", "finanziamenti ai partiti politici", etc. "Si comprende che Dezio sia stato tesoriere della Margherita — scrive il gip — e che in tale qualità abbia ricevuto contributi". Da chi? I "sottofascicoli " rivelano nomi, cognomi, numeri di telefono, date e cifre. Accanto a ciascuno una "b" oppure una "n" che la procura poi tradurrà in "pagamenti in bianco", cioè regolari, oppure "in nero", che non figurano in nessun conto ufficiale.

Fra gli imprenditori c'è De Cecco, quello della pasta, che avrebbe versato "10 b", 10 mila euro in modo regolare al "collettore" Dezio, per iniziative a favore del sindaco D'Alfonso. Ma c'è anche un "Toto Alfonso 7 n", 7 mila euro in nero arrivati dal figlio del patron di AirOne, secondo l'interpretazione di pm e gip. E un altro versamento sarebbe servito a pagare il palco e le strutture per una manifestazione a Pescara di Romano Prodi. "C'era uno strettissimo rapporto fra il sindaco di Pescara e gli imprenditori Carlo e Alfonso Toto" premette il giudice nell'ordinanza, elencando poi una lunga serie di favori ottenuti da D'Alfonso: viaggi pagati da un capo all'altro del pianeta, gratis anche per i parenti del sindaco in arrivo da New York, costose vacanze offerte dalle tasche dei Toto, disponibilità dell'aereo AirOne anche per i viaggi istituzionali, auto e autista a disposizione. "Sembra quasi che i Toto e D'Alfonso agiscano come un'unica entità politico-imprenditoriale" dice il gip.

Nell'elenco degli imprenditori "paganti" figura Luigi Pierangeli, grande avversario di Vincenzo Angelini, re della sanità abruzzese e gola profonda dell'inchiesta che portò in carcere Ottaviano Del Turco. In quel periodo Pierangeli fece dell'anticorruzione la sua battaglia personale. Adesso è indagato per corruzione e nelle carte si legge un passaggio che riporta al vecchio caso: si parla di una lettera di D'Alfonso per Pierangeli datata febbraio 2005. Il sindaco preannuncia a Pierangeli che "un incaricato dell'onorevole Ottaviano Del Turco sarebbe passato da lui per concordare il sostegno alla campagna elettorale".

Giusi Fasano

17 dicembre 2008

 

 

 

 

2008-12-16

I provvedimenti sono stati eseguiti dai carabinieri del Noe, guidati da "Ultimo"

Tangenti sul petrolio in Basilicata,

finisce in carcere l'ad di Total Italia

Coinvolto anche il deputato Pd Margiotta, che si autosospende dall'incarico: "Sono innocente"

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Il pm di Potenza, Henry John Woodcock (Ansa)

Il pm di Potenza, Henry John Woodcock (Ansa)

ROMA - L'amministratore delegato di Total Italia, Lionel Levha, è stato arrestato nell'ambito di un'inchiesta della procura di Potenza per tangenti sugli appalti per l'estrazione di petrolio in Basilicata. Nella vicenda è coinvolto, tra gli altri, anche il deputato del Pd, Salvatore Margiotta, vicepresidente della commissione Ambiente di Montecitorio, per il quale sono stati disposti gli arresti domiciliari. La misura di detenzione domiciliare per il parlamentare potrà, tuttavia, essere eseguita solo se la Camera dei Deputati darà l'autorizzazione.

ANCHE "ULTIMO" IN CAMPO - Le misure cautelari - in carcere per alcune persone, agli arresti domiciliari per altre - sono state disposte dal gip di Potenza Rocco Pavese, su richiesta del pm Henry John Woodcock, ed eseguite da carabinieri del Noe guidati dal tenente colonnello Sergio De Caprio (il "Capitano Ultimo" che arrestò Totò Riina) e personale della squadra mobile di Potenza, diretta da Barbara Strappato. Gli arresti sono stati fatti in gran parte a Roma, con la collaborazione della squadra mobile della Capitale e della polizia municipale di Potenza.

GLI ARRESTI - La custodia in carcere riguarda, oltre all'ad di Total Levha, anche Jean Paul Juguet, responsabile Total del progetto "Tempa Rossa" (così si chiama uno tra i più grandi giacimenti petroliferi della Basilicata), attualmente all'estero; Roberto Pasi, responsabile dell'ufficio di rappresentanza lucano della Total; e un suo collaboratore, Roberto Francini. È stata anche disposta la detenzione in carcere dell'imprenditore Francesco Ferrara, di Policoro (Matera), e del sindaco di Gorgoglione, comune della provincia di Matera, Ignazio Tornetta. Arresti domiciliari, invece, oltre che per l'on. Margiotta, anche per altre tre persone, e obbligo di dimora per altri cinque indagati. I reati contestati, diversi da persona a persona, sono associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e alla turbativa d'asta (con riferimento specifico agli appalti dei lavori per le estrazioni petrolifere), corruzione e concussione. Il gip ha inoltre disposto varie perquisizioni e il sequestro di numerose società. Accertamenti sono avvenuti presso l'abitazione e gli uffici del presidente della Provincia di Matera, Carmine Nigro (Popolari Udeur): è stato portato via un computer e a Nigro è stata consegnata una informazione di garanzia che fa riferimento a presunte irregolarità nell'aggiudicazione, nel 2007, di un appalto per l'adeguamento della strada statale 175, finanziato con 18 milioni di euro e affidato all'associazione temporanea composta dalle imprese Ferrara, Polidrica e Giuzio: "Ho la massima fiducia nella magistratura", ha detto Nigro. È stata perquisita anche l'abitazione del consigliere provinciale Nicola Montesano (Pd), che è agli arresti domiciliari.

Salvatore Margiotta, deputato del Pd

Salvatore Margiotta, deputato del Pd

LE ACCUSE AL DEPUTATO - L'on. Margiotta, deve rispondere di una somma che l'imprenditore Francesco Ferrara gli avrebbe promesso in cambio di un interessamento del parlamentare e di una sua azione a proprio favore. Secondo il pm Woodcock, in particolare, Margiotta avrebbe fatto valere il suo potere e la sua influenza di parlamentare e di leader del Partito democratico della Basilicata per favorire l'aggiudicazione degli appalti alla cordata capeggiata da Ferrara. In questo senso si sarebbe impegnato a fornire informazioni privilegiate al gruppo di imprenditori e a fare pressioni sui dirigenti della Total, società titolare di una delle concessioni per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi della Val d'Agri. La giunta per le autorizzazioni di Montecitorio, che dovrà decidere se acconsentire oppure no agli arresti domiciliari, ascolterà il diretto interessato nella mattina di mercoledì. "Sono molto amareggiato e stupito dalla gravità delle accuse" ha detto Margiotta, ma anche "altrettanto certo che tutto si chiarirà subito". Margiotta, nel frattempo, ha deciso di autosospendersi da tutti gli incarichi di partito a livello nazionale e regionale.

E QUELLE AL SINDACO - Sempre secondo le accuse, il sindaco di Gorgoglione, Ignazio Giovanni Tornetta, avrebbe ricevuto periodiche "dazioni" di denaro in contanti, doni ed elargizioni varie, oltre a un non meglio definito "oggetto prezioso" per la sua attività di intermediazione tra i manager della Total e la cordata di imprenditori interessata agli appalti del petrolio. Tornetta è alla guida di uno dei Comuni in cui ricadono i giacimenti petroliferi lucani: secondo l'accusa, avrebbe ricevuto più volte somme di denaro dall'imprenditore Francesco Ferrara per la sua attività di mediazione illecita; lo stesso Ferrara, inoltre, avrebbe promesso di affidare ad una società di fatto gestita dal sindaco il servizio mensa per gli operai della sua impresa. Destinatario di un provvedimento di arresti domiciliari è invece Domenico Pietrocola, dirigente dell'Ufficio tecnico della Provincia di Matera, che - sostiene l'accusa - si sarebbe fatto dare da Ferrara 200mila euro nell'ambito di un appalto per lavori stradali in Basilicata.

 

 

 

 

l caso Inchiesta sui cimiteri. Con lui ai domiciliari l'ex braccio destro e un imprenditore

Pescara, arrestato il sindaco pd

Tra le accuse corruzione e truffa

D'Alfonso è anche segretario regionale. Altri 35 indagati tra i quali Carlo Toto (AirOne)

Carlo Toto (Ansa)

Carlo Toto (Ansa)

MILANO — Per il Partito democratico è stata una giornata da cancellare. Non bastava il crollo (-16%) alle elezioni regionali in Abruzzo. Nella notte è arrivata anche un'altra pessima notizia: l'arresto (ai domiciliari) del sindaco di Pescara nonché segretario regionale del Pd, Luciano D'Alfonso. Le accuse: associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e alla concussione, truffa, falso e peculato. Con lui sono ai domiciliari per gli stessi reati anche il suo braccio destro e dirigente comunale Guido Dezio e l'imprenditore Massimo De Cesaris.

Ma le sorprese da Pescara non finiscono qui. Fra gli indagati (una decina) di questa nuova bufera giudiziaria (partita da un appalto per i servizi cimiteriali della città) ce n'è uno eccellente: Carlo Toto, il presidente di AirOne. Gli contestano il reato di corruzione e il corrotto, secondo la procura, sarebbe proprio il sindaco della città.

 

A inguaiare il patron della compagnia aerea sarebbe stata una delibera che alla fine non è nemmeno stata approvata e che riguardava l'appalto per la gestione di un'area antistante la stazione ferroviaria. Un tempo la stazione pescarese era 100-200 metri più a monte rispetto all'attuale posizione. Quando fu spostata rimase libera un'enorme superficie da utilizzare come parcheggio che Carlo Toto, costruttore oltre che presidente dell'AirOne, avrebbe dovuto gestire. Ma all'ultimo momento, secondo la ricostruzione del pubblico ministero Gennaro Varone, la delibera fu modificata (non si sa bene da chi) e l'area data in appalto a Toto con quella modifica sarebbe diventata "l'area di risulta e zone limitrofe ". Praticamente l'imprenditore avrebbe avuto la disponibilità di una zona centrale non prevista negli accordi originari. Il documento fu bocciato "con la fiera opposizione della stessa maggioranza " dicono in procura. Ma intanto al sindaco — scrive il pubblico ministero nella sua richiesta di ordinanza firmata da gip Luca De Ninis — sarebbero state pagate migliaia di cene elettorali, Carlo Toto gli avrebbe messo a disposizione un aereo per i movimenti suoi e dei suoi familiari ai quali avrebbe fatto avere anche biglietti gratis e la disponibilità di un'auto con autista. Insomma: uno scambio di favori che il procuratore capo Nicola Trifuoggi ha visto come accordi di una corruzione in corso.

 

Se non ci fosse stato il voto anticipato — necessario dopo l'arresto di Ottaviano Del Turco (l'estate scorsa) e la caduta della giunta — sarebbe stato proprio il sindaco D'Alfonso, grande rivale di Del Turco, il candidato pd alla guida della Regione. Ma le speranze di un futuro politico D'Alfonso le ha perdute da un pezzo se già settimana scorsa, dopo voci insistenti su un suo coinvolgimento in un'inchiesta, si era presentato in procura per spontanee dichiarazioni. Aveva con sé la lettera di dimissioni da tutti gli incarichi politici. L'avrebbe depositata oggi

Giusi Fasano

16 dicembre 2008

 

 

 

 

 

l processo è stato sospeso, per effetto del lodo Alfano, nei confronti del premier

Caso Mills, dalla Cassazione un altro no

alla ricusazione del giudice Gandus

Respinto il ricorso con cui i legali di Berlusconi avevano reclamato contro l'ordinanza della Corte di appello

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ROMA - Silvio Berlusconi non ha motivo per chiedere la ricusazione del presidente della decima sezione del tribunale di Milano, Nicoletta Gandus. Con questa motivazione la sesta sezione penale della Cassazione ha respinto il ricorso con cui i legali del presidente del Consiglio avevano reclamato contro l'ordinanza della Corte di appello di Milano che a luglio aveva detto no alla ricusazione. Secondo i difensori di Berlusconi, il presidente Gandus avrebbe manifestato, in più occasioni, "inimicizia" nei confronti del premier e per questo non avrebbe potuto presiedere il collegio del procedimento 'Berlusconi-Mills' per corruzione in atti giudiziari. Il processo è stato sospeso, per effetto del lodo Alfano (in attesa che la Corte Costituzionale decida sulla legittimità della norma), nei confronti del premier mentre prosegue per il coimputato Mills. Per mercoledì è attesa la requisitoria del pm Fabio De Pasquale.

Berlusconi (Ap)

CRITICHE LEGITTIME - La decisione della sesta sezione presieduta da Giorgio Lattanzi è arrivata dopo circa sei ore di camera di consiglio. Le motivazioni saranno note con il deposito della sentenza, previsto entro 30 giorni. In sostanza il sostituto procuratore generale della Cassazione Guglielmo Passacantando ha sostenuto che criticare la politica del governo non significa essere "nemici" del presidente del Consiglio e quindi ha chiesto ai giudici della sesta sezione di respingere l’istanza di ricusazione nei confronti di Nicoletta Gandus. Il giudice, che presiede il collegio della decima sezione del tribunale di Milano davanti al quale l’avvocato inglese David Mills e lo stesso Berlusconi sono imputati di corruzione in atti giudiziari, avrebbe - secondo i legali del premier - perso la propria imparzialità di giudizio avendo criticato, in occasioni pubbliche, la politica legislativa del governo Berlusconi e le iniziative del premier. Una tesi che, secondo il Pg, "non merita accoglimento" e va quindi confermata la decisione della Corte d’appello di Milano del 17 luglio. A gennaio 2007 la stessa sezione della Cassazione (la sesta penale) aveva respinto la richiesta di ricusazione del gup milanese Fabio Paparella, sempre nell'ambito del procedimento 'Berlusconi-Mills'. In quel caso i legali del premier chiedevano la ricusazione in quanto Paparella aveva già rinviato a giudizio Berlusconi nell'inchiesta Mediaset.

16 dicembre 2008

 

 

Cso Mills: le prove a mio discarico sono state intenzionalmente ignorate

Berlusconi: "Processo politico a Mediaset. La Gandus è un nemico politico"

"Dobbiamo ringraziare il Parlamento che ha approvato un provvedimento di legge che prevede il rinvio dei processi contro le quattro più alte cariche dello Stato"

Il giudice Nicoletta Gandus (Ansa)

Il giudice Nicoletta Gandus (Ansa)

ROMA - "Un giudice non deve essere soltanto imparziale. Deve anche apparirlo. È curioso sostenere, come ha fatto la Corte d'Appello, che Nicoletta Gandus, pur essendo un mio palese nemico politico, nel momento in cui arrivasse a scrivere una sentenza nei miei confronti saprebbe non venir meno al vincolo d'imparzialità impostole dalla Costituzione". Lo dice Silvio Berlusconi a Bruno Vespa per il libro "Viaggio in un'Italia diversa" in uscita venerdì 3 ottobre per Mondadori-Rai Eri. "Mi sono trovato di fronte - aggiunge Berlusconi, riferendosi al processo Mills - a un processo con due anomalie evidenti: le prove a mio discarico sono state intenzionalmente ignorate e il giudice che deve emettere la sentenza è un giudice politicamente impegnato, un mio avversario dichiarato".

LODO ALFANO - Per questo, dice il Cavaliere, "dobbiamo quindi ringraziare il Parlamento che, su proposta del ministro Alfano, ha approvato un provvedimento di legge comune ad altri Paesi europei che prevede il rinvio dei processi contro le quattro più alte cariche dello Stato sino alla fine del loro mandato, facendo salvi i termini della prescrizione". "Un provvedimento necessario in un sistema giudiziario come il nostro - sottolinea Berlusconi - in cui operano alcuni magistrati che invece di limitarsi ad applicare la legge, attribuiscono a se stessi e al loro ruolo un preteso compito etico".

ANM A PREMIER: SERVE SERENITÀ - E l'Associazione nazionale magistrati replica alle parole pronunciate domenica dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che si è detto convinto che il provvedimento che ripristina l'immunità per le alte cariche dello Stato passerà il vaglio della Consulta, anche perchè, in caso contrario, "servirebbe una profonda riflessione sulla giustizia". Replica il presidente dell'Anm Luca Palamara: "La Corte costituzionale ha bisogno di serenità per decidere sul lodo Alfano. Bisogna garantire serenità di giudizio a tutti gli organi giudicanti. Questo è fondamentale per l'esercizio delle funzioni giurisdizionali".

29 settembre 2008(ultima modifica: 30 settembre 2008)

 

 

 

fondi neri mediaset: il premier È accusato di corruzione giudiziaria insieme a David Mills

Ricusazione Gandus, ricorso di Berlusconi

I difensori del premier si oppongono alla sentenza della Corte d'Appello di Milano in merito al processo stralcio

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MILANO - Ricorso in Cassazione da parte dei difensori del premier Berlusconi contro la decisione della Corte d'Appello di Milano che il 17 luglio aveva respinto l'istanza di ricusazione del giudice Nicoletta Gandus che presiede il processo stralcio sui presunti fondi neri Mediaset in cui il premier è imputato di corruzione giudiziaria insieme all'avvocato britannico David Mills. Nel ricorso, gli avvocati sostengono che non è possibile scindere nella figura di Berlusconi l'aspetto politico da quello personale, facendo riferimento a quanto detto dai giudici a luglio: "gli strali (del giudice Gandus) si sono rivolti non alla persona bensì alla politica". "Questi difensori ritengono che dalla documentazione depositata emerga come la dottoressa Gandus nutra un'ostilità profonda, di natura ideologica, nei confronti dell'operato politico dell'onorevole Berlusconi, ostilità profonda che non può non interessare anche la persona dell'imputato, stante l'inscindibilità tra lo stesso e le sue azioni", si legge nel ricorso.

Silvio Berlusconi (Lapresse)

Silvio Berlusconi (Lapresse)

"INCONSCIO INDIVIDUALE" - Gli avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo sostengono che un giudice deve apparire, oltre che essere, imparziale, un aspetto che solo il giudice può conoscere, guardando "nel proprio inconscio individuale". "Nulla infatti può garantire all'imputato, ex avversario, che il giudice che deve giudicarlo abbia compiuto una tale metamorfosi da essere diventato una persona diversa da quella che lo criticava ferocemente, e da non conservare memoria alcuna di quella sua attitudine - scrivono Longo e Ghedini -. Forse l'inconscio individuale, dove i pensieri e le pulsioni di ciascuno vengono ricondotti a un'unità senza tempo, non è poi così facile da aggirare". I difensori del premier avevano presentato l'istanza di ricusazione per "inimicizia grave" producendo degli interventi critici della Gandus su provvedimenti in materia di giustizia presentati dal precedente governo di centro destra. I giudici d'appello milanesi avevano scritto nella loro decisione del luglio scorso che "l'istanza appare infondata nel merito". Al centro del processo, che ha preso il via a marzo 2007, c'è l'accusa secondo cui Berlusconi nel 1997 fece inviare 600mila dollari a Mills come ricompensa per non aver rivelato in due processi, in qualità di testimone le informazioni su due società off-shore che sarebbero state usate da Mediaset per creare fondi neri. Sia Berlusconi che Mills hanno sempre respinto le accuse.

03 settembre 2008(ultima modifica: 04 settembre 2008)

 

 

In Italia un patrimonio immobiliare stimato in circa 48 miliardi di euro

Romeo story, ecco l'immobiliarista

che fa tremare i Palazzi del potere

Il gruppo si occupa delle case di Milano, Venezia e Roma dove effettuava anche la manutenzione delle strade cittadine

Case popolari

Case popolari

NAPOLI — Avrebbe dovuto segnare il suo trionfo, rischia di diventare il simbolo della sua sconfitta. L'undici dicembre Alfredo Romeo inaugura l' albergo extralusso che ha costruito in via Cristoforo Colombo, nel vecchio palazzo della flotta Lauro. Presenta Alessandro Cecchi Paone. Invitati: Achille Bonito Oliva, Eduardo Cicelyn, Domenico De Masi. Sindaca ed amministratori potrebbero scegliere di tenersi lontani. La compagnia di questo imprenditore, nel bel mezzo dei veleni suscitati dalle anticipazioni dell'inchiesta sul Global Service, è di nuovo imbarazzante. Proprio come nel 1993. Alfredo Vito, "mister centomila ", ammette di avere ricevuto da Romeo 4 miliardi di lire. L'imprenditore sarà condannato in appello per corruzione a 2 anni e 6 mesi. La sentenza non diventerà mai definitiva: il 2 ottobre 2000 è prescritta in Cassazione. Esce indenne anche dall'inchiesta per corruzione che lo coinvolgerà due anni più tardi, con due funzionari del Comune di Napoli.

Nel 2001 Romeo è di nuovo nell'occhio del ciclone. Vigilia di voto per il Comune. Rosa Russo Iervolino fa del contrasto all'imprenditore, che gestisce dal 1998 l'intero patrimonio immobiliare napoletano, uno dei cavalli di battaglia della sua campagna elettorale. Non andrà proprio così. Nel 2005 scade il contratto col Comune per la gestione di 23.457 alloggi. La giunta rinnova l'affidamento a Romeo per altri 7 anni, senza passare per il consiglio comunale. La proposta di delibera è dell'assessore al Patrimonio Ferdinando Balzamo. La squadra della Iervolino ratifica all'unanimità. A Romeo — che nel 2003 aveva anche vinto un contenzioso amministrativo con l'amministrazione — quella delibera frutta 7.627.425 euro all'anno, dal 2005 al 2012. Lui, in cambio, s'impegna a gestire il patrimonio immobiliare del Comune: inventario, mappatura, predisposizione e riscossione dei contratti di affitto, manutenzione ordinaria e straordinaria. "Per quest'ultima il Comune investe ogni anno 15 milioni di euro", quantifica il consigliere comunale Nino Funaro. Economicamente, il nuovo contratto tra palazzo San Giacomo e Romeo non offre novità, rispetto a quello stipulato nel 1998. L'immobiliarista, però, si impegna a velocizzare il call center, ad ampliare l'operatività degli sportelli decentrati, a "migliorare l'interfacciamento tra il Comune e il Gestore (sic)", "a migliorare la reportistica sull'attività manutentiva". Che ci sia riuscito è opinabile, se si dà credito alle lamentele degli inquilini che protestano per disguidi e pessima manutenzione. Che ce ne fosse bisogno è certo.

Già nel 2006, ben prima della nuova indagine annunciata dai quotidiani, la Corte dei Conti dedica una relazione alla gestione del patrimonio immobiliare campano, nella quale non mancano accenti critici verso Romeo. "Dall'esame complessivo della gestione dell'edilizia pubblica residenziale ", scrivono i giudici contabili 27 mesi fa, "è emersa la necessità di una maggiore attenzione alla cura ed alla conservazione del patrimonio immobiliare". A Napoli rilevano un tasso di morosità pari al 41%. Romeo presenta le sue controdeduzioni, fa notare che migliaia di alloggi sono oggetto di contenzioso e va avanti verso altri traguardi. Il Comune di Napoli gli affida nel 2006 la vendita di 2.351 unità immobiliari, localizzate in 369 fabbricati. Gli inquilini hanno facoltà di esercitare il diritto di priorità. L'operazione, denuncia il sindacato inquilini il 6 febbraio, procede con enormi ritardi. "Nonostante i solenni e roboanti annunci dell'assessorato al Patrimonio e della società di gestione — lamenta Antonio Giordano, il segretario provinciale del Sunia — ancora non una sola lettera è giunta ai circa 13.000 inquilini del patrimonio pubblico interessato dal piano di dismissione".

Va avanti invece speditamente il consolidamento del gruppo: nel 2007 impiega più di 500 persone e controlla un patrimonio da 48 miliardi. Gestisce case a Milano, a Venezia ed a Roma. Si occupa della manutenzione delle strade capitoline, ma recentemente il sindaco Alemanno ha interrotto il rapporto. Sembra trascorso un secolo da quel lontano settembre 1991, quando il Tar bloccò la delibera del Comune di Napoli che, nel 1989, affidava a Romeo la gestione del patrimonio immobiliare per 6 anni e 97 miliardi di lire.

Fabrizio Geremicca

05 dicembre 2008

 

 

 

 

 

La Procura di Milano ha recuperato la relazione. "Il Cavaliere discusse come allontanare se stesso dalla galassia offshore"

Mills: "Parlai con Berlusconi di All Iberian"

L'avvocato contraddice l'ex premier. L'ammissione agli ispettori del fisco inglese nel 2004

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MILANO — "All'epoca della perquisizione del Serious Fraud Office" a Londra nell'aprile 1996 (inizio dell'inchiesta All Iberian sulle società offshore della Fininvest, ndr), "Berlusconi ha discusso con Mills che cosa si sarebbe potuto fare per frapporre ulteriore distanza fra se stesso e quelle società". Parole dell'avvocato David Mills (l'architetto societario di quelle offshore Fininvest) agli ispettori del Fisco inglese, che così ne riassunsero le risposte alle domande postegli martedì 22 luglio 2004 a Bristol in una procedura di accertamento fiscale.

Ma come? Mills? "Non lo conosco, mai incontrato", aveva ripetuto Silvio Berlusconi per anni, ancora lo scorso 29 dicembre in Consiglio dei Ministri. E per quel sistema di società offshore costruito da Mills all'inizio anni '90 per Fininvest attorno alla galassia All Iberian, Berlusconi aveva coniato nel 2000 una delle sue più trancianti battute: "Con il mio senso estetico, non avrei mai accettato una società con quel nome".

Mills stesso, salvo una manciata di secondi al telefono nel novembre 1995 e un fugace passaggio ad Arcore, aveva sempre negato d'aver mai incrociato Berlusconi, e soprattutto d'aver mai parlato direttamente con lui di All Iberian: giurandolo addirittura ai giudici del suo Paese, quando per lui a Londra nel marzo 2003 da Milano si era spostato in trasferta il processo Sme.

E invece, ecco ora spuntare davvero un incontro di Berlusconi con Mills. Già nel 1996. Proprio per studiare come allontanare da sé (" to further distance himself ") quelle offshore di cui all'epoca Fininvest negava la riferibilità. E proprio nei mesi caldi dell'avvio dell'inchiesta All Iberian, finita con la prescrizione in appello nel 1999 del finanziamento illecito a Craxi dopo l'iniziale condanna in primo grado a 2 anni e 4 mesi; e con il proscioglimento nel 2005 dal falso in bilancio per 1.000 miliardi di lire "perché il fatto non è più previsto come reato" dalla nuova legge introdotta dal governo Berlusconi.

Fa così un certo effetto, a distanza di tanti anni e a processo finito, che Mills agli ispettori del Fisco inglese ammetta candidamente che, delle "35-40 società offshore costituite con la galassia Fininvest, metà di esse divennero parte del gruppo Fininvest consolidato, e metà no"; o che definisca "una decisione disperatamente sbagliata", fatta all'epoca "per lealtà verso il cliente", quella d'aver "accettato di andare al fisco per dire che era lui (Mills, ndr) ad avere il controllo e la gestione delle offshore". Così come colpisce che Mills, circa le sue tre testimonianze a Milano nei processi a Berlusconi nel 1997, 1998 e 2003, rivendichi d'aver "risposto completamente in modo veritiero" (senza cioè dire mai il falso), ma ammetta d'aver "evitato di coinvolgere il proprio cliente". Come? "Trattenendo qualcosa di ciò che sapeva", perché "i fatti totali avrebbero causato davvero molti più seri imbarazzi in quel momento a Mr. Berlusconi". Come riassumono gli ispettori del Fisco inglesi, Mills "economizzando sulla verità ha reso la vita molto più facile per Mr. Berlusconi".

Il contenuto di questa " interview ", fatta nel 2004 dal Fisco inglese a Mills, è stato recuperato dalla Procura di Milano che lo ha ora depositato alle difese di Berlusconi e Mills, già accusati (udienza preliminare dal 5 giugno) l'uno di aver corrotto l'altro con 600 mila dollari intermediati dallo scomparso manager Fininvest Carlo Bernasconi in relazione a due (1997 e 1998) delle tre deposizioni di Mills in tribunale.

Al Fisco inglese, Mills ribadisce di escludere d'aver avuto i 600 mila dollari da Berlusconi. Conferma che li ebbe da Bernasconi, ma cambia versione sul motivo: un ringraziamento di Bernasconi per una felice speculazione su "hedge found" resa possibile da una preziosa "dritta" che Mills dice d'aver dato a Bernasconi dopo averla ricevuta da un "amico avvocato in pensione, Palladino": cognome del custode delle azioni Enimont, arrestato nel 1993 e condannato per aver corrotto il giudice Diego Curtò.

Nel novembre 2004, però, come già ai pm milanesi, Mills ritratta pure con il Fisco inglese: i 600 mila dollari diventano soldi non più di Bernasconi, bensì di un cliente, l'armatore Diego Attanasio. Ma Mills cambia versione anche nel ritrattare: ai pm parla di soldi in custodia da Attanasio nel quadro di compravendite di navi, al Fisco inglese racconta invece d'un prestito da Attanasio. Peccato che Attanasio (che già l'aveva smentito sulla prima versione, spiegando che Mills gli aveva fatto firmare dei fogli in bianco), lo smentisca ora in un nuovo interrogatorio: nessun prestito, testimonia.

Luigi Ferrarella

27 maggio 2006

REPUBBLICA

per l'articolo completo vai al sito

http://www.repubblica.it/

2008-12-17

Indagine di Dia e carabinieri sulla delibera 'Global service', approvata dal Comune

in carcere l'imprenditore Alfredo Romeo. Dodici persone ai domiciliari

Napoli, arrestati 2 assessori Pd

Indagati anche due onorevoli

Coinvolti Lusetti (Pd) e Bocchino (An). Intercettato anche l'ex Dc Cirino Pomicino

I magistrati: "Saccheggio sistematico delle risorse pubbliche"

Napoli, arrestati 2 assessori Pd Indagati anche due onorevoli

Napoli, il Romeo Hotel

dal nome dell'imprenditore

NAPOLI - Una vicenda giudiziaria travolge la giunta di Napoli. E' in carcere l'imprenditore Alfredo Romeo, coinvolto nell'indagine sulla delibera "Global service" approvata dal Comune. Altre 12 persone sono invece agli arresti domiciliari: tra questi, due assessori della giunta comunale di Napoli, due

ex loro colleghi e un ex provveditore alle opere pubbliche, attualmente al ministero delle Infrastrutture. Indagati anche gli onorevoli Renzo Lusetti (Pd) e Italo Bocchino (An). La richiesta di utilizzo delle conversazioni telefoniche dei due parlamentari con l'imprenditore Alfredo Romeo equivarrebbe, infatti, a un'informazione di garanzia. Intercettato anche l'ex ministro democristiano Paolo Cirino Pomicino.

Le accuse. Tutte le persone raggiunte dalle misure cautelari sono accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla turbativa degli appalti, abuso d'ufficio e corruzione. I magistrati: "La prospettiva ultima è quella del saccheggio sistematico delle risorse pubbliche". E lamentano una "fuga di notizie per screditare l'imponente attività investigativa". L'operazione è stata condotta dalla Dia e dai carabinieri di Caserta, che hanno eseguito le ordinanze cautelari firmate dal Gip di Napoli, che ha accolto le richieste della Direzione distrettuale antimafia napoletana, guidata dal procuratore Franco Roberti.

Il "Global service". Nel provvedimento "Global service" era compreso l'affidamento di appalti relativo a manutenzione delle strade e del patrimonio pubblico, nonché la gestione di mense scolastiche. Un affare da 400 milioni di euro, in realtà mai partito. Con il provvedimento, il comune di Napoli intendeva affidare a un unico gestore, come in altre città, l'appalto per una serie di lavori pubblici e manutenzioni di competenza del Comune. La delibera fu varata ma il relativo appalto non partì mai, causa mancanza di copertura finanziaria.

I nomi. Tra i destinatari delle misure cautelari, figurano l'ex assessore alle Scuole, Giuseppe Gambale, l'ex assessore al Bilancio Enrico Cardillo, nonché un ufficiale della Guardia di finanza in forza alla Dia, che avrebbe informato l'entourage di Romeo delle indagini in corso. Nell'inchiesta, destinatari a loro volta di misure cautelari anche l'assessore Laudadio e l'ex provveditore alle Opere pubbliche per Campania e Molise, Mauro Mautone. Nell'ordinanza, infine, anche Paola Grittani, collaboratrice di Romeo, e altri nomi vicini all'imprenditore. Coinvolto anche Giorgio Nugnes, l'assessore che si è suicidato a fine novembre, e il colonnello della guardia di finanza Vincenzo Mazzucco. L'ufficiale sarebbe stato in servizio fino ad un anno fa alla Dia di Napoli.

Sequestrate le società. La procura ha disposto il sequestro di tutte le società, del valore di "svariate centinaia di milioni di euro", "direttamente e indirettamente riconducibili a Alfredo Romeo". Sequestrati anche l'albergo da poco inaugurato a Napoli (anch'esso al centro dell'indagine) e i conti correnti riconducibili a Romeo e al suo nucleo familiare.

"Fuga di notizie strumentalmente utilizzate". Secondo la Procura di Napoli, quella che ha preceduto l'emissione delle ordinanze di custodia cautelare è stata una "perniciosa fuga di notizie strumentalmente utilizzate per screditare l'imponente attività investigativa". Alcuni degli indagati, secondo i magistrati, in particolare Romeo e l'ex assessore Gambale, da un certo momento in poi e in particolare dallo scorso gennaio "sono venuti a conoscenza dell'indagine per effetto di illecite rivelazioni di atti investigativi e a partire da allora, temendo interventi coercitivi da parte dell'autorità giudiziaria, hanno cominciato a realizzare una serie di condotte finalizzate ad inquinare le prove e soprattutto ad attenuare il quadro cautelare a loro carico".

Il ruolo del colonnello della Gdf. Funzionale a questo disegno criminoso, secondo la Procura, sarebbe stato il colonnello della Gdf Mazzucco, destinatario di un'ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, che era in servizio alla Dia di Napoli. E' stata proprio la Dia, braccio operativo della procura di Napoli nell'indagine Global Service, a svelare nome e ruolo della presunta talpa. L'ufficiale avrebbe "tentato di incidere maldestramente sull'azione degli organi inquirenti attraverso clamorose condotte di vero e proprio depistaggio". A lui si sarebbero rivolti Romeo e Gambale quando, nel gennaio scorso, "sono venuti a conoscenza dell'indagine per effetto di illecite rivelazioni di organi investigativi".

Il ruolo di Pomicino. Nella vicenda spunta anche il nome dell'ex ministro Dc Paolo Cirino Pomicino. Il suo ruolo viene richiamato dai magistrati come "interlocutore di eccezione" di Romeo, il quale si sarebbe attivato "nemmeno velatamente" per indirizzare "minacce all'autorità giudiziaria inquirente, di disvelare benefici e favori che nel corso degli anni avrebbe, a suo dire, accordato ad appartenenti al suddetto ordine (la magistratura, ndr)".

Le "minacce" di Pomicino. Pomicino - che gli inquirenti ricordano già coinvolto in passato in vicende giudiziarie analoghe proprio con Romeo - "non manca di lanciare 'avvertimenti' altrettanto, se non addirittura più allusivi, minacciandone la pubblicazione in un prossimo libro che intende scrivere, come emerge in conversazioni intercettate in un periodo in cui Romeo era sicuramente a conoscenza delle attività tecniche (le intercettazioni, ndr) a suo carico".

(17 dicembre 2008)

 

 

Incontro con il leader del Pd dopo la vicenda giudiziaria che ha coinvolto la giunta

Il sindaco annuncia: "Vado avanti con il massimo rinnovamento strutturale"

Iervolino a Veltroni: "Non mi dimetto"

L'Idv lascia le giunte campane

Il primo cittadino ha detto che saranno sospesi gli assessori ai domiciliari

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Iervolino a Veltroni: "Non mi dimetto" L'Idv lascia le giunte campane

Il sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino

ROMA - Nel pomeriggio annuncia che un rimpasto nella giunta "ci sarà sicuramente" e insiste sulla sua estraneità alla vicenda giudiziaria dopo l'inchiesta sulla delibera "Global service", mostrando le mani "pulitissime". E in serata, dopo un incontro con Walter Veltroni, annuncia: "Non mi dimetto". Rosa Russo Iervolino ha avuto un colloquio con il leader del suo partito, il Pd. Veltroni le ha presumibilmente chiesto un segnale forte dopo l'arresto dei due assessori napoletani. Il sindaco di Napoli commenta che l'incontro "è andato benissimo": "Siccome ho la testa dura, ho comunicato al mio segretario che non mi dimetto e che ho intenzione di andare avanti con il massimo rinnovamento strutturale per la giunta". Poco prima Antonio Di Pietro aveva annunciato che l'Idv lascerà tutte le giunte campane "finché non sarà risolta la questione morale". Immediata la risposta di Iervolino: "Benissimo, uno di meno. Noi andiamo avanti affrontando in pieno tutti i nodi che possono esserci".

"Un profondo rinnovamento". "Un profondo rinnovamento" nella giunta napoletana "con la scelta di persone di grande qualità". Sono le parole di Walter Veltroni riportate dai segretari regionali e napoletani del Pd Tino Iannuzzi e Luigi Nicolais, anche loro presenti al vertice tra il leader democratico e il sindaco Iervolino.

"Nessun azzeramento, ci sono persone perbene". Più dettagli sul futuro della giunta partenopea li dà il segretario provinciale Nicolais. "Non si parla di un azzeramento perché ci sono alcune persone competenti e perbene, come l'ex ministro Scotti, che devono proseguire il loro lavoro", spiega Nicolais. Il rimpasto, però, non riguarderà solo gli assessori colpiti dai provvedimenti giudiziari: "Se fosse così - aggiunge - si tratterebbe di un semplice ricambio, mentre abbiamo deciso un forte rinnovamento. Come diciamo a Napoli: non basta una toppa, non basta una pezza a colori".

Iervolino: "Nessun rilievo penale a mio carico". Già nel pomeriggio Iervolino aveva spiegato che a suo carico "non c'è alcun rilievo di carattere penale". "Sospenderò gli assessori agli arresti domiciliari", aveva poi detto. Uno dei due assessori coinvolti nella vicenda, Ferdinando Di Mezza, aveva del resto già presentato una sua personale richiesta di sospensione.

"Ora sappiamo i nomi". "Mi dispiace che la situazione Napoli - aveva commentato il sindaco - si aggiunga alla situazione della Lucania, di Pescara. Non sono contenta ovviamente, ma vedo un fantasma finalmente concretizzarsi dopo le voci di questi giorni. Prima non sapevo niente, adesso conosciamo i nomi delle persone inquisite".

I due parlamentari coinvolti. Nel frattempo, hanno parlato anche i due parlamentari coinvolti nell'indagine napoletana, Italo Bocchino (An) e Renzo Lusetti (Pd). Quest'ultimo si dice "assolutamente estraneo ai fatti" e aggiunge: "Chiedo che la Camera autorizzi all'uso delle mie intercettazioni". Bocchino dice di avere "profonda fiducia nella magistratura" e fa sapere che, se il gip procederà alla richiesta di uso delle intercettazioni, non si opporrà: "Chiederò ai membri della giunta della Camera di concedere l'autorizzazione eventualmente richiesta". Francesco Rutelli, invece, precisa che non sono vere le informazioni relative a "telefonate nelle quali il povero Giorgio Nugnes e l'imprenditore Alfredo Romeo parlerebbero sul mio conto". "Non ho nulla - ha affermato - ripeto nulla a che vedere con le vicende di cui si sta occupando la Procura della Repubblica di Napoli".

(17 dicembre 2008)

 

 

 

L'indagine che si è abbattuta sulla giunta partenopea nasce a Caserta

nell'ambito di un'indagine su illeciti da parte di amministratori di Orta di Atella

L'inchiesta sul 'Global service'

da Santa Maria Capua a Napoli

Intercettate telefonate tra imprenditori locali e Alfredo Romeo

l'uomo che curava il patrimonio immobiliare napoletano

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L'inchiesta sul 'Global service' da Santa Maria Capua a Napoli

Alfredo Romeo

NAPOLI - L'inchiesta sulla delibera per il 'Global service' del Comune di Napoli nasce a Caserta nell'ambito di un procedimento avviato dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere su illeciti di alcuni componenti dell'amministrazione comunale di Orta di Atella. Interessi tra amministratori e imprenditori che hanno al centro l'ex sindaco del comune Angelo Brancaccio, transitato in Consiglio regionale nelle file dei Ds e poi del Pd e arrestato l'anno scorso a maggio.

Dalle intercettazioni telefoniche sulle sue utenze, sono emersi rapporti con l'imprenditore Gaetano Lampitelli, 48 anni, di Succivo, nel napoletano, a sua volta legato da rapporti di affari a Luigi Cirino Pomicino, le cui utenze telefoniche sono state poste sotto sorveglianza, dopo il suo impegno per l'aggiudicazione a Lampitelli di un appalto da oltre 1 milione nell'ambito della cittadella del 'Polo della Qualità' a Marcianise.

Pomicino doveva trasferire la sua azienda ad Arzano, e si era rivolto a vari imprenditori per trovare un sito adatto. Uno degli imprenditori in questione era Alfredo Romeo, l'uomo che curava il patrimonio immobiliare del Comune di Napoli. Da qui le intercettazioni sulle sue utenze e la nascita di diversi filoni di indagine per i magistrati napoletani, uno dei quali trasmesso a Roma per i rapporti tra l'imprenditori e appartenenti all'ordine giudiziario di Napoli.

Il filone nell'ambito del quale oggi sono state eseguite 12 ordinanze di custodia cautelare è quello relativo ai rapporti tra Romeo e amministratori pubblici napoletani e campani, nonché politici di livello nazionale, come Renzo Lusetti e Italo Bocchino, indagati, per l'illecita e sistematica aggiudicazione di appalti di servizi pubblici.

Nell'ambito di questo filone esiste un ulteriore costola stralciata, che riguarda infiltrazioni dei clan nella realizzazione dei lavori pubblici per la bonifica del bacino del fiume Sarno. Da intercettazioni della Direzione investigativa antimafia sulle utenze del provveditore alle opere pubbliche di Napoli Mauro Mautone, sono emersi contatti con Romeo e le due indagini vengono unificate.

Proprio qui vengono alla luce gli elementi sul diretto coinvolgimento degli uffici tecnici di Romeo nella stesura della delibera per il 'Global service' che il Comune di Napoli si apprestava a indire, interesse dell'imprenditore di cui già la procura samaritana aveva avuto tracce nelle conversazioni intercettate. In pratica, dicono i pm Vincenzo D'Onofrio e Raffaello Falcone, Romeo ha organizzato un 'comitato d'affari' nel quale vi sono vari tecnici e professionisti, ma anche assessori e pubblici funzionari che in cambio di posti di lavoro, incarichi, consulenze o denaro, gli assicurano l'aggiudicazione di appalti con gare cucite su misura tanto da essere redatte dal suo staff.

Oltre le intercettazioni, nell'indagine ci sono riscontri documentali e testimoniali. A limare i testi dei capitolati, poi di fatto scritti nelle delibere, era la più stretta collaboratrice di Romeo, Paola Grittani, arrestata oggi, insieme a Guido Russo, anche lui arrestato, docente universitario e presidente dell'Arpa, ma in realtà, per i pm, una sorta di dipendente dell'imprenditore.

Inoltre parlamentari Bocchino e Lusetti, rispettivamente di An e del Pd, in alcune conversazioni telefoniche esprimono il primo soddisfazione per il ritiro degli emendamenti più problematici al testo della delibera, il secondo sostegno concreto a Romeo per una decisione del Tar che riguarda un suo concorrente. La richiesta di emissione di provvedimenti restrittivi è stata fatta dai pm al gip lo scorso 16 settembre.

Oltre a quello del Comune di Napoli, nell'inchiesta gli appalti contestati sono il global service della Provincia di Napoli, una gara per la refezione scolastica in città, servizi di pulizia per l'amministrazione provinciale. Le accuse mosse agli arrestati di oggi sono di associazione a delinquere, turbativa d'asta, corruzione, abuso d'ufficio.

"La prospettiva ultima è quella del saccheggio sistematico delle risorse pubbliche, spesso già di per sè insufficienti a rispondere alla drammatica situazione in cui versano Napoli e la sua provincia. Risorse che vengono veicolate verso l'esclusivo ed egoistico interesse di Alfredo Romeo e delle sue imprese in totale dispregio delle regole fondamentali della buona ed efficiente amministrazione", scrivono i magistrati al gip, nelle richieste di custodia cautelare.

(17 dicembre 2008)

 

 

 

Da centinaia di intercettazioni nasce l'inchiesta di Woodcock e del Capitano Ultimo

L'accusa: un industriale promise duecentomila euro al parlamentare

E la Gola Profonda raccontò

"Appalti spartiti come la vecchia Dc"

L'ad di Total "Quando si arriva a far vincere Ferrara, la partita è vinta"

dal nostro inviato FRANCESCO VIVIANO

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E la Gola Profonda raccontò "Appalti spartiti come la vecchia Dc"

Il pm John Henry Woodcock

POTENZA - E' dall'accoppiata di due investigatori che nasce l'inchiesta che sta facendo tremare i palazzi del potere in Basilicata: il pm John Henry Woodcock ed il colonnello dei carabinieri Sergio De Caprio, alias "Capitano Ultimo", l'uomo che nel 1993 arrestò il capo dei capi di Cosa nostra, Totò Riina. Sono loro che hanno piazzato decine di microspie in uffici, abitazioni, automobili ed intercettato telefoni, per scoprire il "comitato d'affari" che era sorto attorno all'"oro nero" della Basilicata, principale produttrice di petrolio in Europa. Ed è su queste intercettazioni che è stata costruita l'accusa di pm e investigatori.

Un'inchiesta partita lo scorso anno che coinvolse l'ex ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio ed il fratello, Marco, ex senatore, i cui nomi vennero fuori proprio intercettando l'imprenditore indagato Francesco Ferrara. Gli atti approdarono prima alla Procura di Roma e poi al Tribunale dei Ministri. In quell'indagine una gola profonda aveva rivelato che al ministero dell'Ambiente si era costituto un "comitato d'affari" per "pianificare" gli appalti in Campania, Basilicata e Calabria, per la bonifica dei territori inquinati da ogni tipo di rifiuti. "Un sistema - rivelò la fonte a Woodcock - che ricorda le spartizioni della vecchia Democrazia Cristiana". E così, indagando su Francesco Ferrara, si sono intercettate le conversazioni che hanno adesso coinvolto l'onorevole Margiotta, i vertici della Total e gli altri imprenditori e politici locali.

Tra le numerosissime intercettazioni telefoniche ed ambientali trascritte negli atti dell'inchiesta della Procura di Potenza (oltre 500 pagine), ve n'è una che - secondo gli inquirenti - proverebbe la tangente da 200 mila euro che sarebbe stata promessa dall'imprenditore Francesco Ferrara al deputato del Pd Salvatore Margiotta.

Il colloquio si svolge il 21 dicembre dello scorso anno tra l'imprenditore e una sua amica.

Ferrara: "Alla gara d'appalto partecipano otto società e bisogna vedere quali sono i punteggi che verranno assegnati. Mi hanno detto apriamo le otto buste, cioè le prime otto, apriamo l'offerta di tutti... chi sta nella media... sopra la media...".

L'amica: "Ho capito".

Francesco Ferrara non sembra tranquillo sulle modalità dell'assegnazione dei punteggi e più avanti, sempre conversando con la sua amica, parla di un colloquio avuto con un'altra persona proprio sulla questione dei punteggi, racconta alla donna quello che lui ha detto al suo interlocutore.

Ferrara: "... Salvato', io voglio il lavoro, lo voglio. Io ti devo portare 200 mila euro il giorno in cui mi assegnano definitivamente e tu lo sai come sono io...".

L'imprenditore cita nel colloquio con la sua amica solo il nome "Salvato'", ma per gli inquirenti, in base anche ad altri elementi acquisiti nell'inchiesta, non ci sarebbero dubbi: "Quel Salvatò - scrive il pm Woodcock - è riferito proprio al deputato del Pd Salvatore Margiotta".

Il giorno precedente, il 20 dicembre 2007, nella sede di Potenza della Total Italia si discute degli appalti per le estrazioni petrolifere. L'ipotesi dell'accusa è che in quella sede sia stato deciso di sostituire una delle buste contenente l'offerta perché la gara fosse vinta dall'imprenditore Francesco Ferrara.

Lionel Levha parla con Roberto Pasi e Roberto Francini: "La busta D (relativa alla gara d'appalto, ndr), dì che la cambino".

Francini: "Ma chiaramente".

Levha: "Ok?".

Francini: "Chiaramente".

Levha: "E bisogna che si faccia".

Francini: "Chiaramente".

(omissis) Levha: "Quindi bisogna in effetti che tu abbia accesso alla chiave e alla cassaforte, me ne occupo".

Francini: "Ti occupi tu di tutto questo".

Levha: "Sì, sì, allora, ti dirò come, non so".

Più avanti, nella conversazione, interviene anche Pasi, al quale si rivolge Levha.

Levha: "Quando si arriva a far vincere Ferrara, è vinta".

Questa frase, secondo l'accusa, indica "inequivocabilmente" l'accordo illecito che era stato definito tra i dirigenti della Total e l'imprenditore Ferrara per l'aggiudicazione dell'appalto per il Centro oli di Tempa Rossa all'associazione temporanea di imprese guidata dallo stesso Ferrara. "E' uno scenario - è scritto nell'ordinanza del gip Rocco Pavese - nel quale il pagamento di un prezzo, più o meno alto, in danaro o in altre utilità, versato sistematicamente per remunerare i favori ricevuti, costituisce la regola aurea". Uno scenario dominato dal mercato occulto della corruzione nel quale - come in ogni mercato - i protagonisti, e cioè imprenditori, politici, pubblici funzionari, intermediari specializzati, concludono scambi offrendo ciascuno la propria merce".

(17 dicembre 2008)

 

 

L'analisi

Il Presidente scende in campo

di MASSIMO GIANNINI

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IL SALUTO di fine anno che Giorgio Napolitano ha rivolto alle Alte Cariche della Repubblica, questa volta, è molto più della rituale "predica inutile" al ceto politico.

Il Capo dello Stato detta alla maggioranza e all'opposizione il suo decalogo per la riforma della giustizia. Per la prima volta non parla solo del metodo, ma entra anche nel merito. Indica puntigliosamente non solo i principi generali, ma anche i correttivi particolari da apportare alla giurisdizione, e persino alla Costituzione.

La discesa in campo del presidente della Repubblica, con quello che potremmo definire un vero e proprio "Lodo Napolitano", dà la misura della gravità del momento. La questione morale sta assumendo i contorni di uno sconquasso istituzionale. Tra il fragore delle inchieste che travolgono le amministrazioni locali di mezza Italia, e il tintinnio di manette che risuona da Napoli a Potenza, si materializza il peggiore degli incubi. Un'altra Tangentopoli, confusa e molecolare. E un'altra Mani Pulite, diffusa e muscolare.

Il Capo dello Stato, nell'irritualità del suo intervento, si muove sull'onda di questa emergenza. Con tutte le giustificazioni, ma anche tutti i pericoli del caso. Forse per la prima volta, nella "dottrina" del Quirinale, al pur richiamato "diritto dei cittadini" ad una giustizia giusta e al pur riconfermato valore dell'"efficienza di uno Stato fondato sull'imperio della legge", il Capo dello Stato risponde con una "piattaforma programmatica" che sembra rispondere ad altre priorità.

Non è affatto scontato sentire il presidente della Repubblica che, all'indomani della "retata" disposta dalla Procura di Napoli contro imprenditori e assessori della giunta Iervolino, sottolinea "con urgenza" i problemi "di equilibrio istituzionale nei rapporti tra politica e magistratura", e invoca "misure di riforma volte a scongiurare eccessi di discrezionalità, rischi di arbitrio e conflitti interni" nell'esercizio della funzione giudiziaria, "a cominciare dalla funzione inquirente e requirente".

Non è affatto scontato sentire il presidente della Repubblica che, all'indomani dallo scontro fratricida tra le procure di Salerno e Catanzaro sul caso De Magistris, chiede misure di riforma "che riguardino anche la migliore individuazione e il più corretto assolvimento dei compiti assegnati al Csm dalla Carta costituzionale". Che rafforzino il "richiamo" ai rigorosi criteri di comportamento, "come quelli relativi al riconoscimento effettivo dei poteri spettanti ai capi degli uffici". Che ripristinino quei "limiti da osservare - e troppo spesso violati - nella motivazione dei provvedimenti giudiziari", o più semplicemente quelli attinenti a "un costume di serenità, riservatezza ed equilibrio", da non sacrificare mai "per missioni improprie" o per "smanie di protagonismo".

Non è affatto scontato sentire il presidente della Repubblica che, nel sostenere l'impegno incessante delle forze dell'ordine e della magistratura contro la criminalità e la corruzione, invoca una migliore definizione "dei rispettivi ruoli e delle necessarie sinergie". Ciascuno di questi specifici problemi, teoricamente, riflette effettivi punti di debolezza del nostro sistema. Ma poi vanno risolti, concretamente, nella dinamica di una possibile riforma. E qui possono nascere problemi complessi.

Come si riequilibrano i rapporti istituzionali tra magistratura e politica? Facendo eleggere i pm, o riportandoli sotto il controllo del governo? E come si adempie al più corretto assolvimento dei compiti assegnati al Consiglio superiore della magistratura dalla Costituzione? Modificando la medesima e magari separando le carriere attraverso la creazione di due distinti Csm? E come si definiscono meglio i ruoli tra forze dell'ordine e magistratura? Sottraendo la polizia giudiziaria alla dipendenza dei pubblici ministeri?

L'impressione è che il "Lodo Napolitano", nato e dettato dall'emergenza, possa rappresentare una svolta. E' un fatto che il Pdl e il Pd (ugualmente colpiti dall'azione concentrica delle toghe) abbiano accolto l'intervento del presidente della Repubblica con un giudizio quasi unanime. "Condivido parola per parola" è la formula che accomuna tutti, da Angelino Alfano ad Anna Finocchiaro. E' una grande opportunità: una riforma bipartisan sulla giustizia potrebbe aprire una fase politica nuova nei rapporti tra i due schieramenti. Ma è anche un grande rischio: le tentazioni del Cavaliere, nella sua guerra privata alle toghe, sono imprevedibili. E purtroppo inesauribili.

(18 dicembre 2008)

 

 

Requisitoria fiume del pubblico ministero Fabio De Pasquale

"L'avvocato inglese stabilmente a libro paga di Berlusconi"

Processo Mills, la richiesta del pm

"Condannatelo a 4 anni e 8 mesi"

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Processo Mills, la richiesta del pm "Condannatelo a 4 anni e 8 mesi"

Il pm De Pasquale in aula

MILANO - E' di 4 anni e 8 mesi l'entità della condanna chiesta dal pm Fabio De Pasquale, al termine della sua requisitoria, durata tutta la giornata, nel processo in cui l'avvocato inglese David Mills è imputato per corruzione in atti giudiziari in concorso con Silvio Berlusconi, la cui posizione è stata stralciata.

De Pasquale ha chiesto che a Mills, accusato di aver incassato 600 mila dollari per dire il falso in due processi in cui era imputato il presidente del Consiglio, non vengano concesse le attenuanti generiche. Questo a causa "del callido comportamento processuale". Secondo il pm, l'avvocato sarebbe stato "stabilmente retribuito" e "a libro paga" del gruppo di Berlusconi.

Nella sua requisitoria fiume, il rappresentante dell'accusa ha sostenuto che "questa storia si inserisce in maniera logica nei rapporti tra Mills e Berlusconi". "Mills non ha occasionalmente preso un 'regalo' nel 1999 - ha argomentato De Pasquale - Mills ha una sudditanza nei confronti di Berlusconi perché ha una dipendenza economica. C'è una sudditanza perché c'è una costante vicenda di pagamento". Il pm ha poi spiegato di non aver chiesto il minimo della pena perché "Mills ha detto il falso più volte e ha preso tanti soldi", ma non ha neanche domandato il massimo "perché non è un giudice".

Oltre ai 600 mila dollari al centro del processo, De Pasquale ha citato anche altre ''compensazioni di denaro di origine incerta'' versate a Mills: le più consistenti, 1 milione e 700 mila dollari (''quale attività professionale ha svolto Mills per guadagnare questa somma?'', si e' chiesto il magistrato un aula) e 1 milione di sterline che allo stato attuale ''non si sa dove sia finito''.

Tutti movimenti non chiari e non giustificabili secondo il pm, che ha parlato di ''percorsi del denaro intricati e colutamente confusi'' e di ''un oggettivo gioco di specchi continuo''. Tutti ''elementi di prova concreti e documentali'' che per il rappresentante della pubblica accusa dimostrano ''una sudditanza professionale e una dipendenza economica di Mills nei confronti del gruppo Fininvest". "Mills - ha insistito De Pasquale in aula - all'epoca dei processi attinge a un tesoretto riconducibile a Finivest considerandolo come suo proprio''. Insomma, ha puntualizzato ancora il pm prima di conludere, quella di Mills ''non è la storia di una persona che ha preso un regalo, ma la storia di un avvocato stabilmente pagato dal gruppo Fininvest''.

La palla passa ora in mano agli avvocati difensori, che saranno in aula il 20 gennaio per le loro arringhe difensive. Poi sarà la volta delle parti civili. Infine, dopo le eventuali controrepliche della pubblica accusa, il collegio di giudici presieduto da Nicoletta Gandus si ritirerà in camera di consiglio emettere una sentenza che, caldendario alla mano, dovrebbe arrivare intorno alla metà di febbraio.

(17 dicembre 2008)

 

 

 

Nell'ordinanza il "sistema Napoli"

Gli aiuti di Bocchino e Lusetti

all'imprenditore Romeo

Pubblichiamo ampi stralci dell'ordinanza dei giudici del Tribunale di Napoli contro i 20 imputati dell'inchiesta "Global Service". Vi figurano politici e faccendieri. Per i magistrati era stato messo in piedi un vero e proprio meccanismo economico-politico

 

22:30 I rapporti con un magistrato

L'ordinanza mette in luce anche i rappori che Romeo aveva, anche tramite l'on. Bocchino, con alcuni magistrati. In una telefonata del marzo 2007, Romeo e Bocchino parlano di un pranzo in cui devono discutere di alcune questioni relative all'albergo di lusso che Romeo sta costruendo davanti al porto di Napoli. Al pranzo parteciperà anche Antonio Panico, magistrto napoletano, estenore, nel 2003, di una famosa sentenza in una controversia tra la Romeo Gestioni e il Comune di Napoli.

Bocchino: "Allora io organizzo per sabato"

Romeo: "Organizza per sei perché stavo insieme ad Antonio, che poi conosci anche tu"

Bocchino: "Chi Antonio?"

Romeo: "Antonio Panico"

22:00 "Sto lavorando per te"

Sul caso Romeo Gestioni - Manital, Romeo ha chiesto a Lusetti di parlare con Paolo Troiano, consigliere di Stato.

Romeo: "Ti sei scordato di me"

Lusetti: "No, no, sto lavorando per te"

Romeo: "No, volevo sapere quella cosa, di quello lì, di Troia... di cosa ti aveva detto"

Lusetti: "Quale cosa di Troia?"

Romeo: "Troiano"

Lusetti spiega che l'indomani ci sarà un incontro

Lusetti: "...Direttamente con il grande capo e parliamo di tutto"

Romeo: "Con il grande capo?"

Lusetti: "E c'è anche Troiano... Su tutto"

Romeo: "E perché se chiama il grande capo, mi risolve il problema"

Lusetti: "Sì, stai tranquillo"

Romeo: "Ma lui la farebbe per me questa cosa?"

Lusetti: "Sì, sì, la farebbe. Stai tranquillo"

Il Gip napoletano, nell'ordinanza, ricorda che il Consiglio di Stato (15-01-2008) ha dat poi ragione a Romeo.

21:45 "E' una questione di vita o di morte"

In un'altra telefonata (maggio 2007) Romeo ricorda a Lusetti una questione di cui il deputato si sta occupando per lui. Si tratta di un appalto del comune di Roma per la gestione dei servizi integrati del patrimonio stradale. La Romeo Gestioni ha vinto la gara, ma la Manital spa ha fatto ricorso e il Tar Lazio le ha dato ragione. A Romeo non resta che il ricorso al Consiglio di Stato e chiede aiuto a Lusetti: "E' una questione di vita o di morte"

21:30 Lusetti: "Se vuoi blocco tutto"

Nella stessa telefonata (marzo 2007), Romeo si lamenta di qualcosa (una nomina o altro) che non è andato a buon fine e ne dà la colpa a "Nino" che, secondo i magistrati, sarebbe il senatore della Margherita Antonio Polito.

Romeo: "Mi ha fatto un po' dispiacere su di una cosa... mi hanno escluso perché c'era un suo amico... Hanno fatto un po' di pastetta"

Lusetti: "Ma chi? Nino?"

Romeo: "Sì, un amico di Nino... Sono rimasto molto amareggiato... non te lo volevo dire"

Lusetti: "Se vuoi blocco tutto..."

Romeo: "No, non bloccare. Lascia stare, povero cristo, però gli va fatta pesare la cosa"

Lusetti: "Sì, sì"

Romeo: "Però non voglio disturbare il suo percorso di carriera".

 

21:13 Romeo chiede aiuto a Lusetti su Bari

Dalle intercettazioni risultano diverse telefonate tra Romeo e Renzo Lusetti (deputato Pd) che fanno evidentemente parte del tentativo dell'imprenditore di allargare i suoi rapporti politici al livello nazionale. E' chiaro anche che i due (Romeo e Lusetti) sono amici da tempo e che parlano, in modo relativamente criptico di questioni (pratiche) che entrambi conoscono bene.

Romeo: "Volevo ricordarti che là, a Bari stanno in corso di valutazione..."

Lusetti: "Mi sembra a fine marzo..."

Romeo: "Infatti, chiudono la valutazione a fine marzo"

Lusetti: "Ah, perfetto, sì, sì... Sto lavorandoci"

Romeo: "Ci stai lavorando? Sì va bene"

20:41 "Le cose le conosciamo solo noi tre"

Qui si tratta dell'appalto per la manutenzione e la refezione scolastica. Protagonista di nuovo Alfredo Romeo. Gli assessori coinvolti sono Enrico Cardillo (bilancio) e, soprattutto, Giuseppe Gambale (istruzione, trasparenza e legalità). L'idea di Gambale è di cambiare completamente il sistema: invece di un appalto diverso per ciascuna delle dieci municipalità, si procederà ad individuare un unico soggetto.

Gambale: "Io adesso procedo, quindi, nel senso che adesso mi incontro i presidenti di municipalità e gli faccio sottoscrivere questo documento"

Romeo: "Assolutamente"

Gambale: "Qesto te lo volevo dire per fare sempre i passi...., tu non hai più riscontri così... tutto tranquillo, diciamo..

Romeo: " Enrco (Cardillo; ndr) mi ha detto.. stiamo attenti all'espsizione, queste cose qua

Romeo: "Ma gli ho detto... noi adesso le cose le conosciamo noi tre"

Gambale: "Detto tra noi, nessuno in questa vicenda riconduce a te".

Romeo: "Infatti, infatti"

Gambale: "... Cioé, lo sappiamo io, te e lui".

 

20:11 Romeo a Bocchino: "Siamo un sodalizio consolidato"

Finalmente, la delibera sulla manutenzione viene approvata e contiene la tanto sospirata prevalenza dei servizi sulle opere. Romeo e Nugnes sono felici e tutti si scambiano festose telefonate. Una delle più interessanti è quella di Bocchino con Romeo

Bocchino: "...è andato tutto bene no? Hai visto?"

Romeo: "Eh sì, sì..."

Bocchino: "Quindi, poi ormai siamo una cosa... quindi"

Romeo: ...un sodalizio... consolidato"

Bocchino: "No, no; sì, sì, proprio una cosa solida, una fusione dei due gruppi. Quindi (quello) non avrebbe potuto fare altrimenti... Comunque, tutto bene, sono contento"

 

 

19:57 Bocchino giustifica gli 80 emendamenti

Ancora una telefonata tra Romeo e Bocchino. L'imprenditore è preoccupato perché la delibera è stata rinviata e An (di cui Bocchino è leader campano) ha presentato 80 emendamenti causando il rinvio. Bocchino minimizza e torna a garantire

Bocchino: "... lì s'è rinviato. Lo so, ho seguito tutto"

Romeo: "Hanno fatto un'ottantina di emendamenti, ma come mai?"

Bocchino: "No, tutti hanno fatto un'ottantina di emendamenti"

Romeo: "No, solo An, perché gli altri sono usciti"

Bocchino: "Comunque è stato rinviato il Consiglio in modo che ritirino gli emendamenti... Giusto così per trovare una via d'uscita politico. Però è tutto a posto".

Romeo: "Oh, ma non c'è nessuna volta a nessuno?"

Bocchino: "No, non, nessun problema"

19:17 Romeo: "Dobbiamo comprarla a qualunque costo"

Romeo parla con la sua collaboratrice Paola Grittani e la esorta a "comprare a qualunque costo un'autorizzazione" che gli serve nel caso per lui malaugurato che passi l'idea dell'appalto di opere...

Romeo: "Senti, Paolotta, a qualunque costo compra questa autorizzazione".

La Grittani ha qualche dubbio tecnico.

Romeo: "Io adesso sto sulla linea di giocare sul fatto che noi possiamo partecipare solo nel caso di servizi. Però, loro, al momento opportuno, si giocheranno la palla di trovare il sistema per incastrarci... Noi dobbiamo giocare di sorpresa, se abbiamo l'autorizzazione possiamo fare questo discorso".

 

19:02 Bocchino: "Il Global service garantisce trasparenza"

E' la stessa telefonata. Romeo insiste e spiega in lungo e in largo la sua posizione e la distinzione (decisiva) tra opera e servizio.

Romeo: "... il problema è questo: che Global Service è servizio"

Bocchino: "Stai tranquillo"

Romeo: "Invece, quelli la vogliono far passare come opera, hai capito?"

Bocchino: "Perché la vogliono far passare conme opera?"

Romeo: "Perché pensano che, così, loro diventano i protagonisti..."

Romeo spiega che la Ue e diversi altri organi si sono espressi in materia definendo la questione tra servizio e opera.

Bocchino prende la palla al balzo: "Bisogna tenere le poszioni giuste: dobbiamo rispettare la decisione dell'Europa, cioé che si tratta di servizio e non di opera. Il "Global service" è proprio lo strumento che mettendosi a monte di tutte le opere, garantisce la trasparenza delle operazioni e l'abbassamento dei costi"

Romeo: "In una logica di risultato"

Bocchino: "E' certo"

18:53 Bocchino: "Spiegheremo a tutti la posizione da sostenere"

Il tema è sempre quello dela riunione della Commissione consiliare per la manutenzione. Il punto per Romeo è sempre quello: rintuzzare l'Acen (i costruttori) ed evitare che l'appalto viri sulle opere piuttosto che sui servizi. Bocchino garantisce e si fa spiegare bene.

Romeo: "... è l'Acen che cerca di strumentalizzare".

Bocchino: "Non ti preoccupare... domani sera c'è una riunione con tutti a cui viene spiegato qual è la tesi da sostenere".

Romeo: "La posizione che bisogna dirgli è che verrà l'Acen a strumentalizzare..."

Bocchino: "Stai tranquillo..."

Romeo: "... equindi devono contrastare la posizione del'Acen. Hai capito?"

18:44 Romeo: "Annullate la riunione con l'Acen"

Romeo definisce "una stronzata tremenda" convocare anche l'Acen alla riunione della commissione consiliare per la manutenzione stradale, perché potrebbe porre ostacoli di carattere tecnico. A tal fine convince il suo complice Guido Russo, presidente dell'Arpa (Agenzia per la ricerca e la produzione avanzata) dell'Università Federico II, a boicottare l'incontro. Romeo: "Una cosa è convocare l'Università e una cosa è convocare l'Acen ... a questo punto ti conviene annullare pure con l'Acen".

Russo: "Esatto, assolutamente".

Romeo: "Chiama per dirgli che non è il caso di accettare inviti".

18:10 Romeo: "Sentite l'avvocatura"

Romeo cerca in tutti i modi di suggerire a Nugnes la strada giusta perché l'appalto sia un appalto di servizi e non di lavori. La telefonata è del 14 marzo del 2007. Il problema è che nell'appalto, i lavori sarebbero una fetta prevalente rispetto ai servizi e questo escluderebbe Romeo...

Romeo: "Allora, scusami, fammi dire, il principio non è quello della prevalenza economica, ma della prevalenza funzionale".

Giorgio: "Ho capito".

Romeo: "E quindi, i lavori sono accessori".

Giorgio: "Anche se i servizi, da un punto di vista economico, sono...."

Romeo: "...Inferiori".

Quindi, Romeo suggerisce a Nugnes di farsi dare una copertura legale su questo principio: "Sentitevi con l'avvocatura..."

18:04 Colloquio con Nugnes: lavori o servizi

Una delle prime intercettazioni risale al 13 marzo 2007. Romeo parla con Giorgio Nugnes, l'assessore che poi si è tolto la vita. Romeo cerca di chiarire la natura dell'appalto "Global Service" per la manutezione delle strade. Il suo obiettivo è di convincere Nugnes che nell'appalto dovrà essere prevalente l'aspetto dei servizi e non di lavori perché, altrimenti, la sua azienda non potrebbe partecipare.

Dice Romeo: "... Sulla prevalenza.. La prevalenza sono servizi, non sono lavori...Perché non avrebbe senso se fosse prevalenza lavori..".

Romeo si riferisce alle posizioni del presidente dell'Acen (Associazione imprenditori edili napoletani) contrarie alle sue e dice: ".. questo continua a insistere su questo giochetto facendo confusione tra lavori e servizi...". Nugnes alla fine lo tranquillizza

Romeo: "....Il problema è che è un appalto di servizi". Nugnes: "...Beh, io lo so. E' lui che non lo sa".

17:08 Romeo 'divide et impera'

Dice il Gip: "Come si avrà modo di riscontrare, Romeo si muove in una logica di 'divide et impera': non mostra di fidarsi completamente di nessuno dei suoi interlocutori politici e diversifica "imprenditorialmente" i propri investimenti politici. D'altro canto i politici, consci della portata economica del progetto, intuiscono la trasversalità intessuta da Romeo, ma mirano a piegarla alle personali esigenze politico-affaristiche

17:01 Denaro e spese di viaggio per Di Mezza

Secondo il Gip, Di Mezza riceveva da Romeo , per sé o per altri "denaro e altre utilità economicamente valutabili: spese di viaggio e di soggiorno in occasione della Fiera Internazionale di Elettrotecnica ed Elettronica di Milano..."

16:57 Gambale segnalava persone per assunzioni

Secondo il Gip, Romeo remunerava Gambale "...con assunzioni di manodopera da lui segnalata presso ditte rionducibili al gruppo Romeo... o attraverso versamento di denaro a favore della fondazione 'a' voce d'e creature' riconducibile a don Luigi Merola, amico di Gambale e con agevolazioni nell'acquisto di appartamenti gestiti dalla 'Romeo immobiliare'...

16:51 Sistema Napoli, il ruolo di Laudadio

"...Attraverso doni e o promesse fatti dal Romeo ai pubblici funzionari, ovvero collusioni e/o altri mezzi fraudolenti, turbava la gara del pubblico appalto novennale per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle principali strade di Napoli, secondo lo schema del 'Global Service', del valore di circa 400 milioni di euro... In particolare, rilasciando parere favorevole in ordine alla qualifica da riconoscere all'approvando appalto, in ciò aderendo a un'espressa promessa proveniente da Romeo...". Così l'ordinanza descrive il ruolo di Felicve Laudqadio, assessore all'Edilizia del comune di Napoli

16:46 Sistema Napoli, il ruolo di Di Mezza

"...Attraverso doni e o promesse fatti dal Romeo ai pubblici funzionari, ovvero collusioni e/o altri mezzi fraudolenti, turbava la gara del pubblico appalto novennale per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle principali strade di Napoli, secondo lo schema del 'Global Service', del valore di circa 400 milioni di euro...". Così l'ordinanza descrive il ruolo di Ferdinando Di Mezza, assessore al Patrimonio del Comune di Napoli.

16:39 Sistema Napoli, il ruolo di Gambale

"....Attraverso doni e o promesse fatti dal Romeo ai pubblici funzionari, ovvero collusioni e/o altri mezzi fraudolenti, turbava la gara del pubblico appalto per la manutezione e refezione scolastica delle scuole cittadine dalla durata triennale per un importo complessivo di circa 20 milioni di euro... In particolare, procurava a Romeo notizie e informazioni riservate acquisiste nella sua qualità di pubblico amministratore...". Gambale sponsorizzava anche "la figura di Romeo e delle sue imprese presso l'allora ministro dell'Istruzione, Fioroni...". Così l'ordinanza descrive il ruolo dell'ex assessore all'istruzione, Giuseppe Gambale.

16:34 Sistema Napoli, il ruolo di Cardillo

"... Attraverso doni e o promesse fatti dal Romeo ai pubblici funzionari, ovvero collusioni e/o altri mezzi fraudolenti, turbava la gara del pubblico appalto novennale per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle principali strade di Napoli, secondo lo schema del 'Global Service', del valore di circa 400 milioni di euro... In particolare, procurava a Romeo notizie e informazioni riservate acquisiste nella sua qualità di pubblico amministratore". Così il Gip descrive l'attività di Enrico Cardillo assessore (dimissionario) al Bilancio del Comune di Napoli.

16:22 Sistema Napoli, il ruolo di Lusetti

"... Anche Renzo Lusetti assicurava stabile e continuativo apporto alla struttura criminale organizzata.... garantendo al medesimo l'aggiudicazione di remunerativi appalti sull'intero territorio nazionale, influenzando a favore di questi la linea programmatica dell'intero partito sia a livello nazionale che regionale..." Così il gip di Napoli definisce il ruolo e il comportamento del deputato del Pd, Renzo Lusetti.

16:17 Sistema Napoli, il ruolo di Bocchino

"... Italo Bocchino assicurava stabile e continuativo apporto alla struttura criminale organizzata e capeggiata da Romeo: garantendo al medesimo l'agggiudicazione di remunerativi appalti pubblici (...) e agevolando (attraverso la sponsorizzazione anche presso i massimi esponenti nazionali del partito) il perseguimento degli interessi economici e imprenditoriali di Romeo...". Ecco, secondo la ricostruzione del giudice, il ruolo del vicecapogruppo del Pdl alla Camera

16:13 Sistema Napoli, il ruolo di Romeo

"... Alfredo Romeo si procurava illecitamente e in anticipo notizie sui pubblicandi bandi di gara (....) e, al fine di scongiurare la concorrenza, apportava le necessarie modifiche ai documenti di gara che si faceva consegnare da pubblici funzionari, li restituiva ai medesimi per l'approvazione e sollecitava gli stessi ad attivarsi per il conseguimento dell'aggiudicazione della gara, promettendo o riconoscendo loro (....) anche vantaggi di natura patrimoniale....". Così il Gip descrive l'attività dell'imprenditore Alfredo Romeo, figura chiave dell'inchiesta

16:08 "A Napoli un vero e proprio 'sistema' illecito"

"... Si delinea quindi un vero e proprio 'sistema' illecito, dai contorni surreali delle logiche clientelari cui sembra ispirarsi, che non può non sorprendere per i metodi sfacciatamente irregolari con cui veniva esercitato e per gli scopi perseguiti"... recita così l'ordinanza del Tribunale di Napoli contro i venti imputati dell'inchiesta "Global Service"

 

 

 

L'INCHIESTA

"Sistema blindato per gli appalti

Romeo condizionava anche giudici"

di DARIO DEL PORTO e CONCHITA SANNINO

NAPOLI - I magistrati lo hanno definito "il sistema Romeo". Un "comitato in grado di assicurare una vera e propria blindatura dei bandi di gara" e di "cucire addosso come un vestito" appalti milionari destinati al superimprenditore Alfredo Romeo. Si concentra su questo assunto l'inchiesta che travolge il Comune di Napoli. Tredici ordinanze di custodia cautelare.

La Procura ipotizza che Romeo abbia ricompensato politici e funzionari sia con "denaro sonante" (in un solo caso per ora accertato), sia con promesse di affidare lavori, commesse o consulenze a ditte o personale segnalato dagli "amici" dei Palazzi. Sottolineano, infatti, il procuratore capo Giandomenico Lepore e il procuratore aggiunto Franco Roberti, durante l'incontro informale con i giornalisti, all'ottavo piano della Procura. "Abbiamo rilevato sia tangenti in denaro che vari benefici: come lo sviluppo di carriere politiche per taluni assessori rampanti, che ambivano a passare dalle istituzioni locali a quelle nazionali attraverso rapporti con alcuni parlamentari".

Sono quattro gli appalti contestati: il più ricco era quello sul Global Service per la manutenzione stradale di Napoli, valore 400 milioni di euro, poi non più affidato; il Global Service della Provincia di Napoli, che ammontava a 145 milioni; l'appalto per la manutenzione e la refezione scolastica nelle scuole cittadine, del valore di 20 milioni; e la gara sul servizio di pulizia degli immobili dell'amministrazione provinciale. Finora, la giunta Iervolino aveva replicato: "La gara per il Global Service non si è mai espletata per mancanza di fondi". Di altro avvido la Procura di Napoli. "L'affare saltò invece per una fuga di notizie", sottolineano gli inquirenti. "Se non si non si tradusse in una gara d'appalto, non fu per mancanza di liquidità, ma per le indiscrezioni strumentalmente pilotate, databili al gennaio di quest'anno. Quella fuga di notizie bloccò il Global Service e l'intreccio di affari tra politici e imprenditori in corso".

Ultima frecciata per alcuni magistrati che compaiono sullo sfondo: "Non saremmo onesti se, in queste ore, non ammettessimo che tra coloro che erano proni al potere di Romeo, c'erano anche alcuni magistrati".

(17 dicembre 2008)

 

 

 

 

Napoli, arrestati 2 assessori Pd

Nell'inchiesta anche due onorevoli

NAPOLI - E' bufera sulla giunta di Napoli. E' in carcere l'imprenditore Alfredo Romeo, coinvolto nell'indagine sulla delibera 'Global service', approvata dal Comune. Altre 12 persone sono invece agli arresti domiciliari: tra essi due assessori della giunta comunale di Napoli, due ex loro colleghi e un ex provveditore alle opere pubbliche, attualmente al ministero delle Infrastrutture. Tutte le persone raggiunte dalle misure cautelari sono accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla turbativa degli appalti, abuso d'ufficio e corruzione.

Ci sono anche gli onorevoli Lusetti (Pd) e Bocchino (An) tra le persone coinvolte nell'inchiesta. Nei confronti dei parlamentari coinvolti saranno presentate alla Camera di appartenenza eventuali richieste da parte della procura.

Nel provvedimento 'Global service' era compreso l'affidamento di appalti relativo a manutenzione delle strade e del patrimonio pubblico, nonché la gestione di mense scolastiche.

L'operazione è stata condotta dalla Dia e dai Carabinieri di Caserta, che hanno eseguito le ordinanze cautelari firmate dal Gip di Napoli, che ha accolto le richieste della Direzione distrettuale antimafia napoletana, guidata dal procuratore Franco Roberti.

Coinvolto anche Giorgio Nugnes, l'assessore che si è suicidato a fine novembre, e un colonnello della guardia di finanza. L'ufficiale sarebbe stato in servizio fino ad un anno fa alla Dia di Napoli.

(17 dicembre 2008)

 

 

Da centinaia di intercettazioni nasce l'inchiesta di Woodcock e del Capitano Ultimo

L'accusa: un industriale promise duecentomila euro al parlamentare

E la Gola Profonda raccontò

"Appalti spartiti come la vecchia Dc"

L'ad di Total "Quando si arriva a far vincere Ferrara, la partita è vinta"

dal nostro inviato FRANCESCO VIVIANO

E la Gola Profonda raccontò "Appalti spartiti come la vecchia Dc"

Il pm John Henry Woodcock

POTENZA - E' dall'accoppiata di due investigatori che nasce l'inchiesta che sta facendo tremare i palazzi del potere in Basilicata: il pm John Henry Woodcock ed il colonnello dei carabinieri Sergio De Caprio, alias "Capitano Ultimo", l'uomo che nel 1993 arrestò il capo dei capi di Cosa nostra, Totò Riina. Sono loro che hanno piazzato decine di microspie in uffici, abitazioni, automobili ed intercettato telefoni, per scoprire il "comitato d'affari" che era sorto attorno all'"oro nero" della Basilicata, principale produttrice di petrolio in Europa. Ed è su queste intercettazioni che è stata costruita l'accusa di pm e investigatori.

Un'inchiesta partita lo scorso anno che coinvolse l'ex ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio ed il fratello, Marco, ex senatore, i cui nomi vennero fuori proprio intercettando l'imprenditore indagato Francesco Ferrara. Gli atti approdarono prima alla Procura di Roma e poi al Tribunale dei Ministri. In quell'indagine una gola profonda aveva rivelato che al ministero dell'Ambiente si era costituto un "comitato d'affari" per "pianificare" gli appalti in Campania, Basilicata e Calabria, per la bonifica dei territori inquinati da ogni tipo di rifiuti. "Un sistema - rivelò la fonte a Woodcock - che ricorda le spartizioni della vecchia Democrazia Cristiana". E così, indagando su Francesco Ferrara, si sono intercettate le conversazioni che hanno adesso coinvolto l'onorevole Margiotta, i vertici della Total e gli altri imprenditori e politici locali.

Tra le numerosissime intercettazioni telefoniche ed ambientali trascritte negli atti dell'inchiesta della Procura di Potenza (oltre 500 pagine), ve n'è una che - secondo gli inquirenti - proverebbe la tangente da 200 mila euro che sarebbe stata promessa dall'imprenditore Francesco Ferrara al deputato del Pd Salvatore Margiotta.

Il colloquio si svolge il 21 dicembre dello scorso anno tra l'imprenditore e una sua amica.

Ferrara: "Alla gara d'appalto partecipano otto società e bisogna vedere quali sono i punteggi che verranno assegnati. Mi hanno detto apriamo le otto buste, cioè le prime otto, apriamo l'offerta di tutti... chi sta nella media... sopra la media...".

L'amica: "Ho capito".

Francesco Ferrara non sembra tranquillo sulle modalità dell'assegnazione dei punteggi e più avanti, sempre conversando con la sua amica, parla di un colloquio avuto con un'altra persona proprio sulla questione dei punteggi, racconta alla donna quello che lui ha detto al suo interlocutore.

Ferrara: "... Salvato', io voglio il lavoro, lo voglio. Io ti devo portare 200 mila euro il giorno in cui mi assegnano definitivamente e tu lo sai come sono io...".

L'imprenditore cita nel colloquio con la sua amica solo il nome "Salvato'", ma per gli inquirenti, in base anche ad altri elementi acquisiti nell'inchiesta, non ci sarebbero dubbi: "Quel Salvatò - scrive il pm Woodcock - è riferito proprio al deputato del Pd Salvatore Margiotta".

Il giorno precedente, il 20 dicembre 2007, nella sede di Potenza della Total Italia si discute degli appalti per le estrazioni petrolifere. L'ipotesi dell'accusa è che in quella sede sia stato deciso di sostituire una delle buste contenente l'offerta perché la gara fosse vinta dall'imprenditore Francesco Ferrara.

Lionel Levha parla con Roberto Pasi e Roberto Francini: "La busta D (relativa alla gara d'appalto, ndr), dì che la cambino".

Francini: "Ma chiaramente".

Levha: "Ok?".

Francini: "Chiaramente".

Levha: "E bisogna che si faccia".

Francini: "Chiaramente".

(omissis) Levha: "Quindi bisogna in effetti che tu abbia accesso alla chiave e alla cassaforte, me ne occupo".

Francini: "Ti occupi tu di tutto questo".

Levha: "Sì, sì, allora, ti dirò come, non so".

Più avanti, nella conversazione, interviene anche Pasi, al quale si rivolge Levha.

Levha: "Quando si arriva a far vincere Ferrara, è vinta".

Questa frase, secondo l'accusa, indica "inequivocabilmente" l'accordo illecito che era stato definito tra i dirigenti della Total e l'imprenditore Ferrara per l'aggiudicazione dell'appalto per il Centro oli di Tempa Rossa all'associazione temporanea di imprese guidata dallo stesso Ferrara. "E' uno scenario - è scritto nell'ordinanza del gip Rocco Pavese - nel quale il pagamento di un prezzo, più o meno alto, in danaro o in altre utilità, versato sistematicamente per remunerare i favori ricevuti, costituisce la regola aurea". Uno scenario dominato dal mercato occulto della corruzione nel quale - come in ogni mercato - i protagonisti, e cioè imprenditori, politici, pubblici funzionari, intermediari specializzati, concludono scambi offrendo ciascuno la propria merce".

(17 dicembre 2008)

 

 

 

Senza indulgenze

di EZIO MAURO

La richiesta d'arresto di un deputato in Basilicata, per presunte tangenti legate al petrolio, l'arresto del sindaco di Pescara per il sospetto di tangenti sugli appalti. Dopo i casi di Napoli e Firenze, sul Pd l'onda giudiziaria cresce e anche se bisogna ripetere come sempre che dobbiamo attendere i risultati dell'inchiesta prima di formulare giudizi, questo è il momento di afferrare quel partito per i capelli, prima che affondi.

Nessuno può pensare, onestamente, che il Pd sia un rifugio di faccendieri. Ma non c'è alcun dubbio che se nel Paese il problema della corruzione è riesploso, nel confine critico tra la politica e gli affari, i Democratici si mostrano oggi vulnerabili e permeabili al malcostume nella loro periferia assessorile, mentre le speranze e le attese che accompagnarono la nascita del Pd erano ben diverse.

Scricchiolano entrambi gli elementi della coppia con cui il Pd presentò la sua novità: la moralità pubblica, l'innovazione politica. È difficile infatti non legare le notizie che arrivano dalle Procure con la débacle elettorale in Abruzzo, e soprattutto con l'astensionismo di sinistra che l'ha preparata, dando spazio solo a Di Pietro, ambiguo alleato-concorrente.

L'unico rimedio è uno strappo di innovazione che faccia piazza pulita di vecchi apparati e di metodi ancora più vecchi, renda il partito trasparente, contendibile e aperto a forze davvero nuove nella società, col rischio necessario del ricambio. Per fare questo, serve una classe dirigente coraggiosa e consapevole del pericolo mortale che corre, perché indulgenze e ritardi oggi - quando il Paese in crisi avrebbe bisogno di un pensiero e di una politica davvero alternativi alla destra - sono peggio che errori: sono colpe.

(17 dicembre 2008)

 

Richiesta d'arresto per Salvatore Margiotta, parlamentare del Pd

"Stupito dell'accusa, al Sud si cura così il rapporto con la gente"

"Ci avrò messo una buona parola

ma soldi non ne ho intascati"

"Mia moglie non doveva accettare il posto di capo della mobile a Potenza"

di ANTONELLO CAPORALE

"Ci avrò messo una buona parola ma soldi non ne ho intascati"

L'onorevole Salvatore Margiotta del Pd

ROMA - L'onorevole Salvatore Margiotta ha la voce che sembra di latta, il viso è tondo e ha un bel colorito. Parla della brutta faccenda, la richiesta dei domiciliari, con costernazione ed estraneità. Come se non toccasse a lui risponderne ma a un cugino stretto. La famiglia Margiotta è larga e potente in Lucania. Uomini di ingegno (ingegneri) padre e figlio. Democristiani. Salvatore vanta però il tesserino di deputato. Ha anche una cattedra universitaria.

Lei è un bel figlio di papà.

"Sì, sono figlio di papà. Ho ricevuto tanto"

Clienti.

"Non posso negare che la famiglia non mi abbia sostenuto".

Ingegnere e professore.

"Al liceo ero il migliore. In greco avevo dieci. Mi sono laureato con la lode. Tutto mi può dire, tranne questo!".

Il petrolio sporca mani e piedi.

"Non sporca nulla".

L'oro nero.

"Woodcock ci ha presi di mira".

Lei deputato e sua moglie capo della squadra mobile di Potenza.

"Adesso ex".

Adesso.

"È l'unico errore che non mi perdono. Effettivamente".

Effettivamente era troppo.

"Avrei dovuta sconsigliarla di accettare quell'incarico".

Anche i migliori sbagliano. Lei ha preso soldi?

"Mai, in nessun caso, in nessuna circostanza. A parte il fatto che a quanto ho capito mi si accusa di aver accolto una specie di promessa di dazione, materialmente nulla di trasferito".

Onorevole Margiotta, se lei mettesse una buona parola.

"Più o meno di questo credo si tratti".

Alzi la mano chi non ha offerto una parolina di buona amicizia.

"Bravo. Al Sud le frequentazioni politiche sono intessute di questi rapporti. Parlo con tutti e di tutto. I miei amici sfottono perché persino al telefono sono molto ciarliero".

Ciarliero ma onesto.

"Con tutta la sincerità che sono in grado di mostrarle: non ho mai, dico mai, raccolto un euro che non fosse frutto del mio lavoro".

Facciamo un'ipotesi, solo un'ipotesi. Mettiamo il caso che qualcuno le abbia detto: onorevole...

"È successo".

Ma in modo amabile.

"È potuto anche capitare".

Piccoli sorrisi e piccole avances.

"Non le nego. Quando me ne accorgo mi tiro immediatamente indietro".

Fa presente.

"Eccome. E spiego: mi spiace non ti posso aiutare".

Insegna valutazione dell'impatto ambientale. Per caso le hanno chiesto di valutare l'impatto delle trivelle sui campi di grano?

"No".

Quindi è innocente.

"Eccome".

E incredulo.

"E certo!".

(17 dicembre 2008)

 

 

 

2008-12-16

L'inchiesta dei pm di Potenza sugli appalti per l'estrazione del petrolio in Basilicata

Secondo l'accusa, l'onorevole avrebbe favorito una cordata di imprenditori

Tangenti, arrestato ad di Total Italia

Chiesti i domiciliari per deputato Pd

Per il parlamentare Margiotta la misura deve essere autorizzata dalla Camera

La reazione del politico: "Stupore e amarezza enormi. Mi autosospendo dal partito"

Tangenti, arrestato ad di Total Italia Chiesti i domiciliari per deputato Pd

Il deputato Pd Salvatore Margiotta

ROMA - L'amministratore delegato di Total Italia, Lionel Levha, è stato arrestato oggi nell'ambito di un'inchiesta della procura di Potenza per tangenti sugli appalti per l'estrazione del petrolio in Basilicata. Nella questione è coinvolto anche il deputato del Partito democratico Salvatore Margiotta, per il quale sono stati disposti gli arresti domiciliari. Una misura che, però, potrà essere eseguita solo se la Camera dei deputati darà l'autorizzazione, che è stata richiesta stamattina dai magistrati.

Il pm Henry John Woodcock ha chiesto le misure cautelari, disposte dal gip di Potenza Rocco Pavese. Si parla di un patto da 15 milioni di euro tra i dirigenti della Total, società titolare della concessione petrolifera in Basilicata, e gli imprenditori interessati agli appalti per le estrazioni. E di duecentomila euro sarebbe la somma promessa all'onorevole Margiotta da Francesco Ferrara, uno degli imprenditori coinvolti nell'inchiesta.

Secondo l'accusa, Margiotta avrebbe fatto valere il suo potere e la sua influenza per favorire negli appalti la cordata capeggiata da Ferrara e fare pressioni sui dirigenti della Total.

"Lo stupore e l'amarezza sono enormi; più grande è la certezza di non avere commesso alcun reato". Sono queste le parole di Margiotta poco dopo aver appreso della richiesta di autorizzazione all'esecuzione di arresti domiciliari. "La verità non potrà che emergere, spero prestissimo", ha aggiunto il deputato, che nel frattempo ha deciso di autosospendersi da tutti gli incarichi di partito a livello nazionale e regionale. "Non voglio che in alcun modo il Pd, partito in cui milito e che amo, sia coinvolto in questa vicenda", ha spiegato.

La custodia in carcere riguarda, oltre all'ad di Total Levha, anche Jean Paul Juguet, responsabile Total del progetto "Tempa Rossa" (così si chiama uno tra i più grandi giacimenti petroliferi della Basilicata), attualmente all'estero; Roberto Pasi, responsabile dell'ufficio di rappresentanza lucano della Total e un suo collaboratore, Roberto Francini. Detenzione in carcere anche per Ferrara e per il sindaco di Gorgoglione (Matera), Ignazio Tornetta, che secondo l'accusa avrebbe ricevuto denaro in contanti e doni, anche "preziosi". Arresti domiciliari, oltre che per Margiotta, anche per altre tre persone. Obbligo di dimora per altri cinque indagati.

I reati contestati, diversi da persona a persona, sono: associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e alla turbativa d'asta, corruzione e concussione. Il giudice ha inoltre disposto varie perquisizioni e il sequestro di numerose società.

(16 dicembre 2008)

 

 

 

L'inchiesta che ha portato all'arresto del sindaco coinvolge anche l'imprenditore

Carlo Toto e il figlio Alfonso avrebbero versato tangenti a politici e amministratori

Corruzione e voli gratis a Pescara

indagato anche il patron di Air One

Corruzione e voli gratis a Pescara indagato anche il patron di Air One

Carlo Toto

PESCARA - Sono 40 gli indagati dell'inchiesta della Procura della repubblica di Pescara, sulle presunte tangenti negli appalti pubblici, che ha portato ieri sera all'arresto del sindaco Luciano D'Alfonso, che è anche segretario regionale del Pd, dell'imprenditore Massimo De Cesaris e dell'ex dirigente al patrimonio del comune di Pescara, Guido Dezio. Tra gli indagati anche il patron di Air One, Carlo Toto, suo figlio Alfonso e due tecnici del Comune.

Secondo l'accusa Toto e il figlio avrebbero fornito al sindaco di Pescara un'auto con autista per tre anni, dal settembre 2004 al gennaio 2007, per ottenere appalti. Dalle indagini, inoltre, sarebbero state trovate tracce di tangenti in denaro, concessione di voli gratis sulla compagnia area Air One, pranzi e cene per circa 11 mila euro. I Toto, sempre secondo le accuse, avrebbero anche versato finanziamenti a società ed enti ricollegabili in qualche modo a D'Alfonso.

A D'Alfonso, che si è dimesso da sindaco e da segretario regionale del Pd, sono contestati circa 30 capi d'imputazione dalla corruzione in rapporti con imprenditori per lavori pubblici e accordi programma. Il filone degli appalti cimiteriali è solo uno, e Toto è indagato nel filone che riguarda la riqualificazione dell'Area di Risulta dell'ex ferrovia di Pescara.

Il Gip De Ninis deve ancora stilare il calendario degli interrogatori ma si è appreso che sono probabili delle misure interdittive con la sospensione dai pubblici uffici. A determinare la prima parte dell'indagine sono stati alcuni appunti sequestrati all'ex braccio destro del sindaco Guido Dezio, anche lui ai domiciliari, dove sono stati accertati versamenti di denaro di imprenditori con riscontri bancari.

(16 dicembre 2008)

 

 

 

 

Luciano D'Alfonso, segretario regionale del Pd, è ai domiciliari

Stessa misura per un imprenditore e un dirigente comunale

Il sindaco di Pescara

arrestato per concussione

L'inchiesta riguarda la gestione dei cimiteri, affidata ai privati

Ci sarebbero prove di tangenti. Il primo cittadino si dice innocente

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Il sindaco di Pescara arrestato per concussione

Luciano D'Alfonso

PESCARA - Il sindaco di Pescara Luciano D'Alfonso, che è anche segretario regionale del Pd, è stato arrestato questa sera dalla polizia giudiziaria su ordine della procura della repubblica di Pescara con l'accusa di concussione. D'Alfonso è agli arresti domiciliari.

Assieme all'esponente del Pd sono state arrestate altre due persone: l'imprenditore dei servizi cimiteriali di Pescara, l'imprenditore Massimo De Cesaris, e l'ex braccio destro del sindaco Guido Dezio, dirigente dell'ufficio appalti e patrimonio del Comune, già arrestato a maggio per concussione e tentata concussione. Anche loro sono ai domiciliari.

L'inchiesta riguarda la gestione dei cimiteri, affidata da qualche tempo dall'amministrazione ad alcuni privati. Le accuse sono di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e alla concussione, truffa, falso e peculato.

I pm di Pescara avrebbero accertato movimenti di denaro tra De Cesaris e Dezio. Da fonti della Procura si apprende che nel corso di una perquisizione in casa di Dezio sarebbero stati trovati elenchi di passaggio di denaro dalla ditta di De Cesaris. Sarebbero stati poi riscontrati effettivamente movimenti di denaro, con tanto di prove. Secondo l'accusa, Dezio avrebbe chiesto denaro alle imprese verso le quali aveva potere di proroga dei contratti d'appalto.

Nel colloquio della scorsa settimana con il pm Varone D'Alfonso si sarebbe difeso dicendo di non sapere nulla di questi movimenti, e avrebbe anche confermato al giudice le sue dimissioni - da sindaco e da segretario regionale del Pd - ma l'atto non è stato sufficiente a impedire al Gip De Ninis di emettere il provvedimento restrittivo.

D'Alfonso - sempre secondo fonti della Procura - avrebbe annunciato ufficialmente le dimissioni solo domattina. Voci sul suo imminente arresto si erano rincorse per tutta la giornata, ma erano state smentite e lo stesso sindaco aveva emesso una nota in cui affermava che era al lavoro in Comune, poi era apparso anche in televisione e aveva commentato i risultati delle elezioni regionali. Si era assunto la responsabilità del risultato negativo del Pd e aveva messo a disposizione il mandato da segretario regionale. In serata aveva presieduto una giunta. Quindi era uscito dal Comune e dopo le 22.30 gli agenti della squadra mobile guidati da Nicola Zupo, gli hanno notificato a casa l'ordine di custodia cautelare ai domiciliari, firmato dal Gip De Ninis su richiesta del Pm Gennaro Varone.

Al sindaco di Pescara era già stato notificato più di un avviso di garanzia nell'ambito di diversi filoni di indagini. Il 5 gennaio scorso era stato interrogato in Procura per quattro ore e il verbale era stato secretato. All'epoca era stato il costruttore Aldo Primavera a denunciare presunti abusi e favoritismi nei confronti dei "soliti" imprenditori. Aveva detto di aver pagato per anni tutti "ma qui non si sblocca nulla" fornendo alla squadra mobile anche una "prova" contro l'attuale amministrazione: un "fondaco" ad uso gratuito la cui piena disponibilità era all'ex segretario particolare del sindaco, Dezio. Il primo cittadino, ma anche i suoi familiari, erano stati sottoposti ad accertamenti bancari e patrimoniali. D'Alfonso, nell'ambito di un'altra inchiesta, è anche accusato di abuso patrimoniale proprio per l'assunzione in Comune di Guido Dezio a un livello superiore. Dezio, a sua volta, deve rispondere di abuso e falso ideologico perché avrebbe attestato il falso nel presentare i requisiti per partecipare al concorso.

(15 dicembre 2008)

 

 

 

 

Per i giudici della sesta sezione penale non c'è motivo di chiedere la ricusazione

Respinto il ricorso dei legali del premier dopo la pronuncia analoga della Corte d'Appello di Milano

Mills, la Cassazione respinge

ricorso di Berlusconi su Gandus

Mills, la Cassazione respinge ricorso di Berlusconi su Gandus

Silvio Berlusconi

ROMA - Silvio Berlusconi non ha motivo per chiedere la ricusazione del presidente della decima sezione del tribunale di Milano, Nicoletta Gandus. La sesta sezione penale della Cassazione ha respinto il ricorso con il quale i legali del presidente del Consiglio avevano reclamato contro l'ordinanza della Corte di appello di Milano che, lo scorso luglio, aveva detto no alla ricusazione.

Secondo i difensori di Berlusconi, il presidente Gandus avrebbe manifestato, in più occasioni, "inimicizia" nei confronti del premier e per questo non avrebbe potuto presiedere il collegio del procedimento 'Berlusconi-Mills' per corruzione in atti giudiziari. Il processo è stato sospeso, per effetto del Lodo Alfano, nei confronti del premier mentre prosegue per il coimputato, l'avvocato inglese David Mills.

La Corte ha condiviso le conclusioni del sostituto procuratore generale che, all'udienza di oggi, aveva chiesto il rigetto del ricorso: secondo il procuratore generale "criticare la politica del governo non significa essere "nemici" del presidente del Consiglio". La decisione è arrivata dopo circa sei ore di Camera di consiglio nella quale sono stati affrontati anche altri ricorsi. Le motivazioni della decisione saranno note solo con il deposito della sentenza, previsto entro 30 giorni.

Nel gennaio 2007, sempre la sesta sezione penale, aveva respinto la richiesta di ricusazione - avanzata sempre dai legali del premier - del gup milanese Fabio Paparella sempre nell'ambito del procedimento 'Berlusconi-Mills'. In quel caso i legali chiedevano la ricusazione in quanto Paparella aveva già rinviato a giudizio Berlusconi nell'inchiesta Mediaset.

(16 dicembre 2008)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'UNITA'

per l'articolo completo vai al sito

http://www.unita.it

2008-12-17

Napoli, appalto truccato: il Pd sospende gli assessori imputati

Rosa Russo Jervolino va avanti, nessun azzeramento della giunta del Comune di Napoli sconvolta dalla nuova ondata giudiziaria. Ma lei, dopo un colloquio testa-testa con il leader del Pd Veltroni non lascerà. "Sono testona", ammette e dice che veltroni di risposta gli ha detto: "Auguri".

Il nuovo terremoto giudiziario si è abbatuto sul Comune di Napoli giovedì mattina e ruota intorno all'imprenditore Alfredo Romeo, coinvolto nell'indagine sulla delibera "Global service", finito in carcere. Altre 12 persone sono invece agli arresti domiciliari: tra essi due assessori della giunta comunale di Napoli, due ex loro colleghi e un ex provveditore alle opere pubbliche.

La delibera, oggetto dell'inchiesta, riguardava un affare da 400 milioni di euro, in realtà mai partito. In pratica il Comune di Napoli, come è ormai prassi in molte città, affidava ad un unico gestore l’appalto per opere e manutenzioni, dai lavori stradali, per intenderci, fino alla gestione delle mense scolastiche.

L'operazione è stata condotta dalla Dia e dai Carabinieri di Caserta, che hanno eseguito le ordinanze cautelari firmate dal Gip di Napoli, che ha accolto le richieste della Direzione distrettuale antimafia napoletana, guidata dal procuratore Franco Roberti. Anche l'ex assessore Giorgio Nugnes, morto suicida alcune settimane fa, era coinvolto nell'inchiesta. Tra le richieste formulate dalla Dda al Gip di Napoli c'era anche, secondo quanto appreso, quella destinata a Nugnes.

I quattro assessori che mercoledì mattina sono stati raggiunti dal provvedimento di custodia cautelare (nella foto) sono Enrico Cardillo, ex assessore al Bilancio dimessosi il 28 novembre scorso, Giuseppe Gambale, ex assessore alle Scuole. Sono invece ancora in carica gli assessori al Patrimonio Ferdinando Di Mezza e all’Edilizia Felice Laudadio. Cardillo, Gambale, Di Mezza e Laudadio, tutti eletti nelle file del Pd, sono stati sospesi dal partito. "In relazione alle indagini avviate ed ai provvedimenti adottati dalla Procura della Repubblica di Napoli - si legge in una nota del Partito democratico - il segretario regionale del Pd Tino Iannuzzi, d'intesa con quello provinciale Gino Nicolais, nel ribadire fiducia nell'operato della magistratura e rispetto della presunzione costituzionale d'innocenza per le persone indagate, ha deciso in via cautelare di sospendere da ogni attività ed incarico di partito gli assessori comunali Ferdinando Di Mezza e Felice Laudadio e gli ex assessori Enrico Cardillo e Giuseppe Gambale, in attesa dell'accertamento dei fatti".

Secondo l'inchiesta del procuratore aggiunto Franco Roberti, e dei sostituti Enzo D'Onofrio, Raffaello Falcone e Pierpaolo Filippelli, Romeo avrebbe organizzato un vero e proprio comitato d'affari, composto da tecnici, professionisti, assessori e pubblici funzionari, che ruotando intorno alla figura dell'imprenditore, "a fronte delle prebende che egli è in condizioni di distribuire (in termini di posti di lavoro, in incarichi e consulenze ed in termini di denaro sonante), hanno piegato la loro funzione e i loro doveri in favore del primo assicurandogli l'aggiudicazione di appalti di opere e di servizi pubblici". In base agli elementi raccolti dalla Procura di Napoli, ciò avveniva attraverso una vera e propria "blindatura" dei bandi di gara, redatti su misura a beneficio di Romeo. I magistrati hanno disposto il sequestro di tutte le società ed i conti correnti riferibili direttamente o indirettamente all'imprenditore - compreso l'albergo recentemente inaugurato in città - per un valore di centinaia di milioni di euro.

Tra le persone coinvolte nell'inchiesta della Dda di Napoli, ci sono anche due parlamentari. Secondo quanto appreso da fonti qualificate, sono Italo Bocchino, vicecapogruppo del Pdl alla Camera e il deputato Pd Renzo Lusetti. Ad entrambi sarebbe stata contestata l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d'asta. Sarebbe stata chiesta, inoltre, l’autorizzazione a procedere alla Camera anche per poter utilizzare alcune intercettazioni telefoniche che vedrebbero il coinvolgimento dei due deputati.

In uno stralcio dell'inchiesta relativa alla delibera Global service - stralcio di cui si occupa l'ordine giudiziario di Roma - sarebbe coinvolto anche un magistrato. Mentre per quanto riguarda il filone principale delle indagini, la Procura di Napoli ha confermato che il sindaco Rosa Russo Iervolino non è indagato, e anche se alcuni consiglieri comunali sono stati sentiti dai magistrati come persone informate sui fatti, nessuno di loro risulta coinvolto.

Il sindaco Iervolino, che a Roma ha incontrato il leader del Pd Walter Veltroni per discutere della bufera che ha travolto il comune di Napoli, ha annunciato che i due assessori coinvolti verranno sospesi, ma prima di entrare nella sede del partito, in Largo del Nazareno, ha ribadito la sua totale estraneità ai fatti: "Queste - ha detto ai giornalisti indicando le mani - sono pulitissime. Anche da queste intercettazioni di 500 pagine non c'è una riga che mi riguarda". E sulla possibilità di un rimpasto della giunta napoletana, il sindaco ha sottolineato di essere "venuta a Roma per discutere insieme al mio partito sul da farsi: ne discuteremo insieme così come farò con gli altri partiti perchè Napoli è una coalizione".

Poi al termine del colloquio con il segretario del Pd, ha ribadito la volontà di "andare avanti" anche se nel 1massimo rinnovamento". "Sono testona anche se finirò per rompermi la testa", ammette. Ma d'altr'onde, fa notare, anche nel Partito democratico di Barack Obama c'è qualche problemuccio con la questione morale. Lei ci metterà ancora più lavoro e impegno. E a chi le chiede di commentare l'addio dato dall'Idv di Di Pietro, risponde secca: "Uno in meno", ricordando però che si tratta di un buon assessore che "ha sempre condiviso le scelte della giunta". Giunta che, dice il sindaco, rinnoverà ma non è detto fino all'azzeramento. "Una scelta di responsabilità politica", la definisce Anna Finocchiaro capogruppo Pd al Senato, anche se lei, personalmente - confessa - si sarebbe dimessa.

Proprio pochi giorni fa Rosa Russo Iervolino, intervistata da Lucia Annunziata a "In mezz'ora", aveva spiegato che la delibera era stata "sottoposta di corsa ad una commissione contro la corruzione nella pubblica amministrazione, guidata dal prefetto Serra e composta da magistrati. E ci ha detto che andava bene". Poi era stata anche sottoposta a una commissione di giuristi e alti magistrati, "secondo la quale le norme per la prevenzione degli incidenti sul lavoro non erano ancora forti". In ogni caso, spiegava la Iervolino, "non abbiamo fatto la gara, non abbiamo fatto assolutamente nulla. E chi vuole imbrogliare non sottopone i documenti approvati a verifiche non dovute". Secondo l’accusa, invece, vi sarebbe stato un "saccheggio sistematico delle risorse pubbliche, spesso già di per sè insufficienti a rispondere alla drammatica situazione in cui versano Napoli e la sua provincia. Risorse che vengono veicolate verso l'esclusivo ed egoistico interesse di Alfredo Romeo e delle sue imprese in totale dispregio delle regole fondamentali della buona ed efficiente amministrazione".

Nelle intercettazioni dell'inchiesta napoletana, tra l'altro, viene anche nominato Francesco Rutelli, che smentisce recisamente ogni coinvolgimento. Si tratta di una telefonata tra Romeo e Lusetti, riguardo all'albergo Napoli su via Colombo (inaugurato da pochi giorni e oggi sotto sequestro). Lusetti dice a Romeo: "Ho riferito a Francesco, a lui direttamente della cosa di questa estate. Ha detto non c'è problema, mi devi dare qualche dettaglio in più". Rutelli si è recato in serata in Procura per rendere dichiarazioni spontanee, chiarendo la sua assoluta estraneità alla vicenda: "Non ho nulla, ripeto nulla, e ribadisco nulla a che vedere con le vicende di cui si sta occupando la Procura della Repubblica di Napoli e avrò modo di precisarlo inoppugnabilmente in ogni sede".

17 dicembre 2008

 

 

 

Processo Mills: chiesta condanna a 4 anni e 8 mesi

Il pm di Milano Fabio De Pasquale ha chiesto la condanna a 4 anni e 8 mesi per David Mills, il legale inglese rimasto unico imputato per corruzione in atti giudiziari dopo lo stralcio della posizione di Silvio Berlusconi (in attesa che la Corte Costituzionale decida sul Lodo Alfano). Al termine di una lunghissima requisitoria l'accusa ha specificato di non voler richiedere le attenuanti generiche per un uomo che ha espresso "solo bramosia di denaro", "un teste che è venuto più volte a dire il falso e ha preso tanti soldi".

David Mills, secondo il magistrato, dal 1995 ad almeno il 2004 ha avuto "un rapporto di sudditanza per dipendenza economica dal gruppo Fininvest, e per questo veniva stabilmente pagato". Un processo in cui Berlusconi è fin qui stato il convitato di pietra, perché tutto parte dalla lettera che Mills scrisse nel febbraio del 2004 al suo commercialista in cui ammetteva di aver ricevuto 600mila dollari da Silvio Berlusconi per tacere in due processi che vedevano imputato l'attuale presidente del Consiglio.

"Qui si sta parlando della paura del colpevole", ha sostenuto il pm nella sua requisitoria davanti ai giudici della X Sezione penale del Tribunale di Milano: il timore, cioè, di Mills di dover dare una risposta attendibile al fisco inglese che gli chiede delle spiegazioni (di qui la lettera al commercialista in cui spiega l'origine dei 600 mila dollari), di dover affrontare le possibili "gravi conseguenze sulla carriera ministeriale della moglie" e, infine, di dover fronteggiare l'autorità giudiziaria italiana nel momento in cui questa gli chieda delle spiegazioni sui 600 mila dollari ricevuti da Berlusconi.

Un ruolo fondamentale nel procedimento lo avrebbe giocato, nelle parole del Pm, Bob Drennan, il commercialista di Mills che, di fronte all'alternativa di nascondere le confidenze del cliente o collaborare con la giustizia, optò per la seconda soluzione. "Senza la lettera al commercialista, senza la sua confessione - ha affermato De Pasquale - discuteremmo di una vicenda lunare".

Quanto al rapporto dell'inglese con Berlusconi, per De Pasquale è "molto più complesso, più fitto e più intenso di quanto sia emerso da questo processo".

17 dicembre 2008

 

 

2008-12-16

Napoli, mega-appalto truccato: arrestati due assessori

È in carcere l'imprenditore Alfredo Romeo, coinvolto nell'indagine sulla delibera "Global service", approvata dal Comune di Napoli. Altre 12 persone sono invece agli arresti domiciliari: tra essi due assessori della giunta comunale di Napoli, due ex loro colleghi e un ex provveditore alle opere pubbliche.

L'operazione è stata condotta dalla Dia e dai Carabinieri di Caserta, che hanno eseguito le ordinanze cautelari firmate dal Gip di Napoli, che ha accolto le richieste della Direzione distrettuale antimafia napoletana, guidata dal procuratore Franco Roberti.

Ci sono anche due parlamentari in carica tra le persone coinvolte nell'inchiesta della Dda di Napoli, che ha condotto stamani all'esecuzione di 13 misure cautelari.

Secondo quanto appreso, i parlamentari coinvolti, nei confronti dei quali saranno presentate alla Camera di appartenenza eventuali richieste da parte della Procura, sono uno di maggioranza e uno di opposizione.

Anche l'ex assessore Giorgio Nugnes, morto suicida alcune settimane fa, era coinvolto nell'inchiesta. Tra le richieste formulate dalla Dda al Gip di Napoli c'era anche, secondo quanto appreso, quella destinata a Nugnes.

Fra le persone da stamani agli arresti domiciliari, anche un appartenente alle forze dell'ordine, che lavorava proprio alla Direzione investigativa antimafia, dalla quale era stato poi allontanato appena il suo nome è emerso nelle indagini.

L'ex provveditore alle opere pubbliche, anch'egli tra gli arrestati, lavora adesso al ministero delle Infrastrutture.

17 dicembre 2008

 

 

 

Processo Mills: la Cassazione respinge il ricorso di Berlusconi

Non c'è nessuna "grave inimicizia" da parte del giudice Nicoletta Gandus nei confronti del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Per questo la sesta sezione penale della Cassazione ha respinto il ricorso presentato dalla difesa del premier contro la decisione della Corte d'Appello di Milano che il 17 luglio scorso aveva bocciato la dichiarazione di ricusazione a carico del giudice Gandus, presidente del collegio che si occupa del processo in cui lo stesso Berlusconi e l'avvocato inglese David Mills sono accusati di corruzione in atti giudiziari.

Il processo davanti al tribunale di Milano è ripreso lo scorso 19 settembre per il solo avvocato inglese. Il processo a Berlusconi invece è stato sospeso in applicazione del "Lodo Alfano" relativo alle alte cariche dello Stato, sulla cui costituzionalità dovrà pronunciarsi la Consulta. I legali di Berlusconi criticavano la decisione della Corte d'Appello milanese, che aveva detto no alla ricusazione, spiegando che le prese di posizione del giudice Gandus erano di tipo politico generale e non denotavano "grave inimicizia" nei confronti del premier.

Tesi contestata invano dalla difesa del presidente del Consiglio che in Cassazione ha ribadito come il giudice Gandus "nutre ostilità ideologica profonda nei confronti di Berlusconi che non può non

interessare anche la persona". Ma piazza Cavour ha respinto il ricorso.

Si attende quindi per mercoledì la requisitoria del pm Fabio De Pasquale a carico di David Mills,

rimasto unico imputato di corruzione in atti giudiziari dopo lo stralcio della posizione del premier. De Pasquale chiederà ai giudici della decima sezione penale del Tribunale di Milano di condannare

David Mills che sarebbe stato corrotto "con almeno 600 mila dollari" da Berlusconi per dire il falso in due processi, uno per le presunti tangenti Fininvest alla gdf e l'altro relativo alla

società All Iberian.

Il rappresentante dell'accusa punterà a convincere il collegio circa la responsabilità di Mills e, trattandosi di un reato a concorso necessario, del coimputato fantasma Berlusconi, ma spiegherà anche che il processo "è ancora vivo". Nel senso che in virtù di una contestazione suppletiva che era stata aspramente criticata dalle difese dei due imputati i fatti non sono più ancorati al 1998 come nel capo di imputazione originario ma al periodo compreso tra il 1999 e il 2000. Nel caso in cui i giudici dovessero ritenere valida la prima impostazione accusatoria il fatto-reato sarebbe prescritto dal febbraio del 2008, trascorsi 10 anni, la scadenza fissata per la corruzione in atti giudiziari

dalla legge ex Cirielli.

Il difensore di Mills, Federico Cecconi, terrà la sua arringa a gennaio quando ci sarà anche la sentenza.

16 dicembre 2008

 

 

 

Arrestato ad Total, chiesti arresti per deputato Pd

L'amministratore delegato di Total Italia, Lionel Levha, è stato arrestato nell’ambito di un'inchiesta della Procura di Potenza per tangenti sugli appalti per estrazione di petrolio in Basilicata: coinvolto anche il deputato del Pd Salvatore Margiotta, per il quale sono stati disposti gli arresti domiciliari. La misura di detenzione domiciliare per il parlamentare potrà, tuttavia, essere eseguita solo se la Camera dei Deputati darà l'autorizzazione.

L'indagine del pm di Potenza, Henry John Woodcock, riguarda una trentina di persone per presunte tangenti legate alle estrazioni di petrolio in Basilicata: in sintesi, si tratterebbe - secondo l'inchiesta della procura - di un giro di tangenti, favori, regali e interessamenti per spartirsi i ricchi giacimenti di petrolio aggiudicarsi gli appalti per lo sfruttamento dei pozzi della Basilicata in una lotta tra la Total e una cordata di imprenditori lucani.

A tirare in ballo l'ex segretario regionale della Margherita e attuale deputato del Pd, Salvatore Margiotta, è un imprenditore edile che, in una telefonata, avrebbe confessato all'interlocutore di aver dato denaro all'allora dirigente della Margherita, in caso di

aggiudicazione di un appalto. Circostanza, questa, respinta in maniera categorica e decisa da Margiotta. "Non sono mai stato

un amministratore pubblico. Non mi sono mai interessato o occupato di appalti nella zona petrolifera. Sono stupito. Non

ho ancora visto le carte, ma sinceramente sono stupito".

La custodia in carcere riguarda, oltre all'ad di Total Levha, anche Jean Paul Juguet, responsabile Total del progetto "Tempa Rossa" (così si chiama uno tra i più grandi giacimenti petroliferi della Basilicata), attualmente all'estero; Roberto Pasi, responsabile dell'ufficio di rappresentanza lucano della Total e un suo collaboratore, Roberto Francini. È stata anche disposta la detenzione in carcere dell'imprenditore Francesco Ferrara, di Policoro (Matera), e del sindaco di Gorgoglione (Matera) Ignazio Tornetta.

Arresti domiciliari, invece, oltre che per Margiotta (la misura potrà essere eseguita solo se la Camera darà l'approvazione), anche per altre tre persone, e obbligo di dimora per altri cinque indagati.

Le misure cautelari - in carcere per alcune persone, agli arresti domiciliari per altre - sono state disposte dal gip di Potenza Rocco Pavese, su richiesta del pm Henry John Woodcock, ed eseguite da Carabinieri del Noe guidati dal tenente colonnello Sergio De Caprio (il "Capitano Ultimo" che arrestò Totò Riina) e personale della squadra mobile di Potenza, diretta da Barbara Strappato. Gli arresti sono stati fatti in gran parte a Roma, con la collaborazione della squadra mobile della Capitale e della polizia municipale di Potenza.

I reati contestati, diversi da persona a persona, sono associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e alla turbativa d'asta (con riferimento specifico agli appalti dei lavori per le estrazioni petrolifere), corruzione e concussione. Il gip ha inoltre disposto varie perquisizioni, che sono tuttora in corso, e il sequestro di numerose società.

16 dicembre 2008

 

 

 

Corruzione, arrestato il sindaco di Pescara (Pd). Indagato anche Carlo Toto, patron di Air One

Sono 40 complessivamente gli indagati nell'ambito dell'inchiesta della Procura della repubblica di Pescara (titolare il Pm Gennaro Varone), sulle presunte tangenti negli appalti pubblici, che ha portato nella notte all'arresto del sindaco Luciano D'Alfonso, che è anche segretario regionale del Pd, dell'imprenditore Massimo De Cesaris e dell'ex dirigente al patrimonio del comune di Pescara, Guido Dezio. Tra gli indagati anche il patron di Air One, Carlo Toto e il fratello Alfonso. Indagato anche l'imprenditore Dino Di Vincenzo.

De Cesaris è titolare insieme al padre della società Fidia, che ha vinto l'appalto per la gestione dei servizi cimiteriali. L'accusa sarebbe di associazione per delinquere, concussione, abuso e falso ideologico e truffa per D'Alfonso e Dezio, corruzione per De Cesaris. Secondo l'accusa, invece, Carlo Toto e il fratello Alfonso avrebbero fornito al sindaco di Pescara un'auto con autista per tre anni, dal settembre 2004 al gennaio 2007, per ottenere appalti. Dalle indagini, inoltre, sarebbero state trovate tracce di tangenti in denaro, concessione di voli gratis sulla compagnia area Air One, pranzi e cene per circa 11mila euro. I fratelli Toto, sempre secondo le accuse, avrebbero anche versato finanziamenti a società ed enti ricollegabili in qualche modo a D'Alfonso ( 100 mila euro alla Pro Loco di Lettomanoppello, 100mila euro per acquisito mezzo di soccorso sempre a Lettomanoppello).

Nel corso della notte si è anche appreso che D'Alfonso aveva già presentato da qualche giorno le sue dimissioni da primo cittadino e da segretario regionale del partito.Una decisione che era rimasta in gran segreto proprio per non interferire su una campagna elettorale difficile. Ora a Pescara si metteranno in moto le procedure di scioglimento anticipato del Consiglio comunale e con il ritorno al voto anticipato che potrebbe arrivare già nel turno elettorale di giugno 2009. D'Alfonso, al suo secondo mandato, era stato confermato nell'incarico nell'aprile scorso a larghissima maggioranza.

D'Alfonso si era recato in procura due volte, nei giorni scorsi. La prima volta il 2 dicembre, dicendosi disposto a rendere dichiarazioni spontanee. La procura gli avrebbe dato una settimana di tempo per preparare la sua difesa, e il 9 dicembre D'Alfonso si è nuovamente presentato in procura, annunciando le sue dimissioni subito dopo le elezioni regionali. L'ex sindaco, assicurano dalla Procura, non era a conoscenza della richiesta di arresto che pendeva nei suoi confronti, pur conoscendo i capi di imputazione. Evidentemente la procura non ha ritenuto che le dimissioni fossero sufficienti per bloccare la richiesta di arresto del primo cittadino, che risale a metà novembre. Il gip, al quale è stato inviato il verbale dell'interrogatorio di D'Alfonso, con un parere della procura, ha ritenuto comunque di procedere. Le dichiarazioni rese da D'Alfonso potrebbero non essere state sufficienti a fugare i dubbi della Procura sulle contestazioni che gli sono state mosse.

Sono tre le indagini della Procura di Pescara che vedono implicato l'ex sindaco. Una è quella che ha portato alla misura cautelare di lunedì, la seconda riguarda l'urbanistica, e sarebbe vicina alla conclusione, e un'altra è quella sul concorso che ha portato all'assunzione in Comune di Dezio. Proprio un brogliaccio di Dezio, a quanto pare conservato imprudentemente nonostante le perquisizioni già subite dall'ex braccio destro del sindaco, avrebbe consentito agli investigatori di risalire a nomi e cifre di denaro. Si parla di somme di denaro ed altro elargite dai privati per ottenere atti amministrativi a favore senza averne effettivamente diritto. Nell'ambito dell'inchiesta che ha portato agli arresti di lunedì sono state ascoltate delle persone a conoscenza di fatti ed episodi, e per il resto si sarebbe trattato di una indagine documentale.

16 dicembre 2008

 

 

 

 

 

 

 

il SOLE 24 ORE

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2008-12-17

Iervolino a Veltroni: "Ho intenzione di andare avanti"

di Ilaria Verunelli

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17 dicembre 2008

La questione morale arroventa la Direzione del Pd

Napoli: la giunta Iervolino travolta dal "sistema Romeo"

L'ordinanza del Tribunale di Napoli

La società civile: ora tutti a casa

Quella fuga di notizie che ha scosso la città

Caso Romeo: l'inchiesta di Napoli e i misteri di Roma

Quando Romeo inaugurava l'hotel a 12 piani

"Ho intenzione di andare avanti, con il massimo di rinnovamento strutturale anche per quel che riguarda la giunta, con il massimo dei mezzi a disposizione e con il massimo dell'orgoglio e della grinta". Questa la dichiarazione del sindaco Rosa Russo Iervolino, al termine dell'incontro con il leader del Pd Walter Veltroni, dopo che l'inchiesta "Global Service" ha sconvolto il comune di Napoli. "Con Veltroni l'incontro è andato come doveva andare, cioè benissimo", ha commentato la Iervolino. Veltroni, ha aggiunto è "rispettosissimo dell'autonomia del sindaco e della città". Interrogata poi sull'ipotesi di un azzeramento della giunta, la Iervolino ha risposto: "Non è detto, ci saranno segnali forti di rinnovamento che possono coesistere con alcune presenze che io ritengo assolutamente indispensabili".

A chi poi le ha chiesto di commentare la "questione morale" che sta attraversando il Pd, la Iervolino ha risposto: "La questione morale esiste in tutto il mondo. Se si pensa che un governatore degli Stati Uniti si stava vendendo il seggio di Obama...".

Presa di posizione netta anche nei confronti di Antonio di Pietro, leader dell'Italia dei Valori, che aveva annunciato l'intenzione di ritirare i propri rappresentanti da tutte le amministrazioni locali in Campania: "Benissimo, uno di meno. Noi andiamo avanti affrontando in pieno tutti i nodi che possono esserci".

Già mercoledì mattina la Iervolino ha sottolineato la sua totale estraneità ai fatti: "Si parla di una giunta che ha avuto un incidente ma il cui sindaco non è nemmeno sfiorato personalmente. Quello che ho sempre detto viene confermato: ho le mani pulite e candide, nessun rilievo di carattere penale è rivolto a me".

Nella giornata di mercoledì il sindaco ha anche annunciato la sospensione dall'incarico dei due assessori, Laudadio e Di Mezza, il quale aveva del resto già presentato una sua personale richiesta di sospensione. Anche Gambale sarà sospeso dall'incarico corrente.

 

 

 

 

La questione morale arroventa la Direzione del Pd

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17 dicembre 2008

La questione morale arroventa il clima nel Pd. Dopo il terremoto giudiziario che ha scosso il comune di Napoli, la Direzione di venerdì si preannuncia ancora più 'caldà rispetto al previsto. Intanto, si sta svolgendo un incontro tra Walter Veltroni, il sindaco di Napoli, Rosa Russo Iervolino e i vertici campani del partito, Luigi Nicolais e Tino Iannuzzi. Prima di entrare nella sede del Pd, Iervolino ha spiegato che il rinnovamento della giunta del comune di Napoli è inevitabile "se non altro perchè mancano quattro assessori", che sono già stati sospesi. E sulle sue eventuali dimissioni, ha ribadito di non voler mollare e di avere le mani pulitissime, aggiungendo però: "Se me lo chiede il segretario del partito... il Vinavil non lo uso io". Tra l'altro, il sindaco di Napoli ha voluto sottolineare che una questione morale all'interno del Pd esiste e "purtroppo non solo a Napoli" ricordando poi di aver fatto "dure lotte nel mio partito sulla questione morale. Si ricorderà - ha raccontato - che quando io ero segretario reggente del Partito popolare e presidente del consiglio nazionale ho firmato di mio pugno tutti i provvedimenti di espulsione. I potenti di allora sono rimasti fuori perchè li ho buttati fuori io, figurarsi se ora non mi batterò per una questione morale". Iervolino ha detto quindi di aspettarsi dal partito "di discutere insieme e di discutere anche con gli altri partiti della coalizione perchè a Napoli abbiamo una coalizione ed è una coalizione forte". Al termine dell'incontro, ci sarà anche una riunione del coordinamento del Pd.

Intanto, Renzo Lusetti, coinvolto nell'inchiesta della Procura della Repubblica di Napoli, ha affermato la sua "assoluta estraneità ad ogni eventuale reato" dando però ai magistrati "l'immediata disponibilità ad essere sentito per ogni necessario chiarimento".

Mentre Antonio Di Pietro ha annunciato che l'Idv lascerà tutte le giunte di cui fa parte in Campania "finchè la questione morale non sarà risolta".

Intanto, Massimo Brutti, ex senatore del Pd oltre che ex responsabile giustizia, sarà il commissario straordinario per il partito in Abruzzo dopo il commissariamento del partito regionale abruzzese a seguito della vicenda giudiziaria che ha coinvolto il sindaco di Pescara e segretario del Pd abruzzese, Luciano D'Alfonso, ora agli arresti domiciliari.

Secondo Vannino Chiti il Pd deve essere "più rigoroso della magistratura stessa, la politica non deve tollerare certi comportamenti" perchè "la commistione tra politica ed affari non funziona, non è tollerabile".

 

 

 

 

Napoli: la giunta Iervolino travolta dal "sistema Romeo"

commento di Mariano Maugeri

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17 DICEMBRE 2008

Il sindaco Iervolino nel corso della conferenza stampa convocata dopo la bufera giudiziaria che ha investito la sua Giunta

Napoli, bufera sulla giunta. Arrestati due assessori del Pd

La società civile: ora tutti a casa

L'ordinanza del Tribunale di Napoli

La nota della Procura

Tangenti: arrestato ad di Total Italia. Deputato Pd ai domiciliari

Caso Romeo: l'inchiesta di Napoli e i misteri di Roma

Quella fuga di notizie che ha scosso la città

Il "sistema Romeo" si muoveva a proprio agio in qualsiasi contesto: dal Vaticano al Senato della Repubblica, dal Comune di Napoli a quello di Roma. Agli ordini dell'imprenditore napoletano c'erano deputati, alti ufficiali della Guardia di Finanza, assessori, consiglieri comunali e dirigenti del comune di Napoli. Gli appalti al quale partecipava, il 55enne imprenditore immobiliare che gli amici descrivono come "ossessionato dalla qualità" se li scriveva personalmente nel chiuso dei sui lussuosi uffici di Roma e Milano. Poi tirava su il telefono e "il sistema Romeo" scattava sull'attenti in cambio di denaro, carriere politiche, finanziamenti ai partiti. Gli affari in ballo erano succosissimi: global service per le strade di Napoli e della provincia, gara per l'appalto della refezione scolastica delle scuole cittadine e la pulizia per gli uffici dell'amministrazione provinciale. Un malloppo di 565milioni a carico dei soliti contribuenti.

Il Comune di Napoli e il sindaco Rosa Russo Iervolino sono investiti in pieno dall'inchiesta. Due assessori (Di Mezza e Laudadio) indagati per associazione per delinquere, un ex assessore suicida il 29 novembre, Giorgio Nugnes, un altro ex potentissimo assessore al Bilancio, Enrico Cardillo, ai domiciliari pure lui, che fugge dal Comune un giorno prima del suicido di Nugnes implorando i giornalisti: "Spegnete i riflettori su di me".

Oggi i riflettori li hanno accesi i magistrati della Procura nelle oltre 500 pagine dell'ordinanza da cui sono staturiti gli arresti e gli avvisi di garanzia. Una tragedia umana e politica della quale il sindaco Iervolino tarda a trarre le inevitabili conseguenze politiche. Rosetta mostra le mani pulite come se avessero le stimmate, ma fino a ieri sera, per sua stessa ammissione, ha "lavorato fino alle 22.30" con Felice Laudadio e Ferdinando Di Mezza, i due assessori in carica incappati nella rete tessuta pazientemente, malgrado una pericolosa fuga di notizie, dal capo della Dda Franco Roberti. Agli arresti anche un altro ex componente della Giunta Iervolino, l'ex retino Giuseppe Gambale, fino al 2006 e sembra una presa in giro con delega alla legalità.

 

 

 

 

 

La società civile: ora tutti a casa

di Laura La Posta

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17 dicembre 2008

Andrea Geremicca

Arrabbiati? Magari. Se la società civile napoletana finalmente si arrabbiasse davanti alla bufera giudiziaria sulla città, sarebbe una buona cosa. È questa la tesi del filosofo Aldo Masullo, co-autore (con Claudio Scamardella) del libro-intervista "Napoli siccome immobile", edito da Guida. "La storia è fatta di arrabbiature, ma i napoletani purtroppo non si sono mai arrabbiati – dice -. I miei concittadini si sono lasciati anestetizzare da quella io chiamo la mala-tolleranza. Le istituzioni, oltre ad avere combinato una serie di errori (e spesso peggio che errori), hanno diseducato la nostra collettività civile alla condanna e al rifiuto del male. Sicché anche gli onesti finiscono per tacere. I pochi che hanno parlato e dissentito pubblicamente sono stati trattati come inesistenti e quindi marginalizzati".

Ben venga, dunque, la tempesta giudiziaria, che potrebbe scuotere le coscienze. Questa tesi, assieme ai commenti di un'ottantina di altri "campani eccellenti", sarà pubblicata sul Rapporto Campania, allegato al Sole 24 Ore martedì 23 dicembre.

Eppure, la borghesia partenopea – figlia di quell'Illuminismo che qui diede i frutti migliori in Italia – è da sempre restia a esporsi, perché considera la politica una cosa sporca. "In realtà, per qualcuno la politica napoletana è un'acqua non potabile, per altri è potabile eccome e si può attingerne tranquillamente, attraverso consulenze e contiguità tra mondo istituzionale e degli affari". Di questo avviso è Massimo Villone, ex senatore dell'Ulivo (che scelse il movimento della Sinistra democratica al Pd), supporter della prima ora di Antonio Bassolino poi fortemente critico nei suoi confronti, ora ritiratosi sull'Aventino della docenza universitaria. "Da questa politica io starò lontano per i prossimi vent'anni, perchè non consente di pensare con la propria testa e impone patti di obbedienza che una persona libera non può accettare".

Perché questo distacco? Perché la neanche tanto velata soddisfazione nell'apprendere la notizia dell'inchiesta in corso? "I napoletani perbene, della società civile, non vogliono sporcarsi le mani con i comitati d'affari al potere – dice l'arrabbiatissima Marinella De Nigris, presidente dell'associazione Onda Rosa ed ex presidente della Consulta regionale femminile della Campania, avvocato titolare dello Studio De Nigris-Siniscalchi in precedenza gestito con il marito Vincenzo Maria -. Devono andarsene tutti quelli che occupano posizioni di governo locale: presunti innocenti e colpevoli. Non importa. Anche gli innocenti sono colpevoli di omissioni, in una spirale di perverso laissez faire. La crisi politica è precedente al blitz giudiziario e servivano dimissioni responsabili prima degli avvisi di garanzia. Se i cittadini devono sperare nell'intervento della magistratura, si crea un vulnus nella democrazia".

Chiaro il richiamo alle posizioni del sindaco Rosa Russo Iervolino e del Presidente della Regione, Antonio Bassolino. La cui attività è sempre stata tollerata da una gran parte dell'intellighenzia partenopea, ma mai accettata del tutto. Un mâitre à penser napoletano che ha chiesto di rimanere anonimo racconta: "Quando mi presentarono Bassolino la prima volta, vent'anni fa, pensai che bisognava insegnare tutto a quel dinamico cafone di Afragola, che andava in giro con i calzini azzurri". Orrore, nella patria dei grandi sarti!

Ora, tutti invocano il ricambio della classe dirigente cittadina. E da dove pescare nomi, se non dalla società civile? Sotto questo fronte, a livello di dibattito colto, qualcosa si muove. E quel qualcosa ruota attorno alla Fondazione Mezzogiorno Europa, fondata nel 2000 dall'attuale Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e da Andrea Geremicca. "Tutti gli uomini (e le donne) del Presidente animano un bel dibattito attraverso convegni, studi e una rivista. Tra di loro, spiccano, oltre a Geremicca, Alfredo Mazzei, Biagio De Giovanni, Enzo Giustino, Sabatino Santangelo, Mariano D'Antonio, Marinella De Nigris, Luigi Nicolais, Francesco Paolo Casavola, Giuseppe Galasso, Antonio Ghirelli.

"C'è bisogno di un'operazione verità da parte delle istituzioni – dichiara Andrea Geremicca -. Solo ammettendo i propri fallimenti si può sperare di riconquistare la fiducia dei cittadini e di coinvolgerli in un processo di rinascita. Per il momento c'è una spaccatura profonda, uno scollamento inquietante tra istituzioni allo sbando e la società. O si ricostruisce un rapporto in modo franco, dialettico, smettendola di tenere atteggiamenti arroganti che danneggiano la città, oppure va ritenuta conclusa l'esperienza delle due Giunte, comunale e regionale. Visto il clima di incomunicabilità e l'immagine di un'area distrutta a livello internazionale per lo scandalo rifiuti, non dovrebbe essere la società civile a chiedere le dimissioni di tutti, ma sono loro che dovrebbero trarre le dovute conseguenze".

Rieccheggiano le parole della poliziotta Olimpia Abbate, già capo della Squadra mobile di Caserta e fra i responsabili della grande retata del 2001 che assestò un duro colpo al clan camorristico dei Casalesi. "Serve soprattutto che le persone oneste non si isolino – dice al Sole 24 Ore Rapporti -, non facciano finta di nulla e abbiano fiducia nelle istituzioni". Una dichiarazione resa a proposito della convivenza della società perbene con i vicini di casa camorristi. Ma che vale anche sul fronte della politica. E della mala-tolleranza, come la chiama il filosofo Aldo Masullo.

 

 

 

 

La fuga di notizie che ha ucciso Nugnes, alterato le prove e scosso la città

di Laura La Posta

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17 DICEMBRE 2008

 

Era già tutto previsto. Sul terremoto giudiziario che ha scosso Napoli - con 16 sedici ordinanze di custodia cautelare notificate a imprenditori, assessori e a un colonnello della Guardia di Finanza e che sfiora due parlamentari – in città si vociferava da tempo. Poi, il venticello si è trasformato in un'esplosione, "come un colpo di cannone" faceva cantare a Basilio Gioacchino Rossini nel Barbiere di Siviglia: il 28 novembre si dimette il potente assessore al Bilancio del Comune di Napoli, Enrico Cardillo ("per dedicarsi alla ricerca, all'università, ai giovani", dichiarava lui aulicamente quel giorno, mentre ora vola basso agli arresti domiciliari); il giorno dopo si toglie la vita il sodale e collega assessore Giorgio Nugnes.

Forse, l'evidente fuga di notizie sull'indagine Global service (stigmatizzata dal procuratore capo di Napoli, Giandomenico Lepore) giunge alle orecchie del Presidente della Repubblica, il partenopeo doc Giorgio Napolitano. Forse no, non ci sono conferme. Forse lo mettono in allarme solo il malcontento attorno al Governatore, Antonio Bassolino, e le pressioni esercitate da molti, moltissimi, a dimettersi. Fatto sta che il Capo dello Stato, il primo dicembre, nel corso di una visita ufficiale a Napoli, pronuncia due discorsi forti e cristallini, tesi come il grecale che in alcuni giorni d'inverno spazza la città. Parla dell'"impoverimento culturale e morale della politica sotto gli occhi di tutti… si fa enorme fatica a dirlo e a reagire", scandisce.

Sulla questione morale all'interno del Partito democratico si scatena anche la stampa (con una copertina dell'Espresso, tra l'altro) e si anima un forte dibattito in seno al Pd. Alla fine, il segretario Walter Veltroni chiede al Governatore Antonio Bassolino di dimettersi e al sindaco di Napoli, Rosa Russo Iervolino (anzi, più correttamente bisognerebbe scrivere Iervolino Russo, visto che il cognome del marito va posposto) di procedere a un rimpasto della Giunta. Il primo ha dichiarato che intende "restare per completare il lavoro fin qui svolto", Iervolino confessa che più volte in queste settimane ha pensato alle dimissioni.

Ora, pur non essendo toccata dall'inchiesta Global service in corso (come confermato dal coordinatore della Direzione distrettuale antimafia, Franco Roberti), al rimpasto dovrà procedere obtorto collo, visto che gli assessori comunali Felice Laudadio e Ferdinando Di Mezza sono agli arresti domiciliari, un altro è dimissionario e un altro si è suicidato. Dal "colpo di cannone" del 28 novembre a oggi, Donna Rosetta (come viene affettuosamente chiamata in città) vive in un incubo. Ostenta le sue mani pulite. Ma ora rischia di essere travolta dalla richiesta di cambiamento radicale che monta in città e nel suo partito, quel Partito democratico di cui è uno dei 45 membri del Comitato nazionale. L'attuale "tremuoto, temporale, tumulto generale che fa l'aria rimbombar" – per continuare la citazione rossiniana – le fa addirittura tirare un sospiro di sollievo. Spingendola a dichiarare che "umanamente mi dispiace moltissimo degli arresti degli assessori Felice Laudadio e Ferdinando Di Mezza, ma da un altro punto di vista sono contenta: si concretizza un fantasma".

Più che di Barbiere di Siviglia, a questo punto, si può parlare di segreto di Pulcinella finalmente svelato pubblicamente. Il procuratore Lepore scuote la testa, nel corso del suo informale colloquio con i giornalisti, spiega che la fuga di notizie è cominciata a gennaio e ha spinto gli indagati ad alterare le prove a loro carico. E commenta mestamente: "Questo non è un bel giorno per Napoli".

 

 

Strade d'oro a Roma, l'appalto misterioso da 576 milioni di euro del signor Romeo

di Fabio Pavesi

11 Dicembre 2008

Alfredo Romeo non è nuovo alle cronache di Napoli. Dal '99 ha in concessione la gestione dell'immenso patrimonio pubblico immobiliare della città. Immenso perché il valore dei beni è stimato in oltre 2,1 miliardi di euro. Ovviamente la Romeo è remunerata per quel servizio. L'ultima delibera parla di circa 7,5 milioni di euro. Che dovrebbe fare la società dell'imprenditore, mai così chiacchierato come in queste settimane, per meritarsi il denaro? Semplice: far rendere quel patrimonio tanto da costituire un'entrata ragguardevole per le casse sempre asfittiche di qualsiasi Comune. Ma non è andata così. La Corte dei conti ha bacchettato in più di un'occasione i risultati dell'appalto. E i revisori contabili del Comune non hanno mai risparmiato critiche all'operato di quella che appariva una scelta di efficienza.

Su quei 2,1 miliardi di valore di case e uffici, la Romeo gestioni ha riscosso somme per soli 25 milioni nell'ultimo decennio, a un ritmo medio di poco più di due milioni l'anno. Un'inezia, tanto più che si tratta dell'incasso lordo: dei 25 milioni nelle casse del Comune ne sono entrati solo 13, visto che 12 milioni sono finiti direttamente alla Romeo come recupero spese. E la Corte dei conti rileva che per il 2001 e il 2002 la redditività del patrimonio pubblico è stata addirittura negativa per 18 milioni di euro. A giustificare l'operato di Romeo c'è l'appello alla cronica morosità dei napoletani che fa svanire il 50% dei fitti sui 23mila alloggi occupati. Da qui l'esigenza dell'appalto del servizio a un privato, proprio per rendere efficiente la gestione. Che in realtà oggi presenta il conto salato di affitti mai pagati per 83 milioni di euro accumulati negli anni e ormai considerati dal Comune irrecuperabili. Una cifra che vale poco meno di un terzo dell'intero ammontare dei crediti dubbi vantati dal Comune e che corrispondono alla cifra record di 274 milioni di euro, un quinto del totale delle entrate di un anno d'esercizio della città. Gestione fallimentare, quindi.

Ma cosa ha di speciale Alfredo Romeo per meritare tanta considerazione? Di fatto è ormai un monopolista di questo genere di attività. Gestisce patrimoni pubblici oltre che a Napoli, a Milano e Roma. Ha gli appalti per il ministero dell'Economia, l'Inps, il Demanio, la Consip. Una vera potenza che ha il suo centro soprattutto in quel di Roma. Lì Romeo ha (o meglio aveva) il suo gioiello della Corona. La gestione della rete stradale dell'intero Comune di Roma. Ebbene quell'appalto è stato vinto (sotto le giunte di centrosinistra) per un importo elevato: 64 milioni di euro l'anno per la durata di 9 anni. Totale: 576 milioni per 800 chilometri di rete stradale da tenere in ordine, 80mila euro a chilometro ogni anno. Basta fare un confronto per capire le differenze con le altre città dove la gestione stradale è appaltata a privati. A Bologna il costo è di soli 4,2 milioni l'anno per 770 chilometri di strade, solo 30 in meno delle arterie capitoline. I bolognesi pagano così 5.500 euro a chilometro, contro gli 80mila messi sul piatto dai romani. La provincia di Firenze paga 3,7 milioni l'anno per la metà delle strade di Roma. Un'anomalia profonda che ha indotto lo scorso 5 novembre il sindaco Alemanno a disdettare il maxi-appalto. Ma lavorare con il pubblico paga. I bilanci della Romeo Gestioni traboccano di profitti. Solo negli ultimi 3 anni la società ha sfornato utili per oltre 75 milioni, al ritmo di 25 milioni l'anno, su un fatturato di poco più di 130 milioni. Ogni 100 euro di attivo ne rende oltre 20 sotto forma di utili. Una gallina dalle uova d'oro. A scapito di chi?

fabio.pavesi@ilsole24ore.com

 

 

 

Quando Romeo inaugurava l'hotel a 12 piani

di Mariano Maugeri

12 Dicembre 2008

Il giovane manager in gessato grigio e cravatta a pois viola è circondato da una dozzina di belle ragazze di nero vestite con foulard in tinta al collo. Manca un'ora al vernissage del Romeo Hotel, location che più prestigiosa non si può: palazzo Lauro, affacciato sul porto, fu la famosissima sede della flotta guidata dal "comandante" e sindaco delle "mani sulla città".

"Allora, qual è il nome dell'architetto che ha progettato l'hotel?", fa il manager in gessato grigio. Una ragazza mora con occhi color visone scatta per prima: "Enzo, Enzo (piccola pausa, ndr) Tttange?". Il manager si spazientisce: "Che Enzo e Enzo, devi dire senza fermarti: Studio di Kenzo Tange, architetto giapponese". Il dubbio che le hostess non abbiano studiato lo spinge a ripetere la lezione, facendosi domande e risposte: "Cosa sono queste due sfere qui? Mappamondi in carta di riso del 700 napoletano. E le poltroncine di coccodrillo? Hermés. Quelle due poltrone in fondo, invece, sono Frau, mentre questo quadro che introduce al sushi bar Samurai è uno Schifano", scandisce le parole il manager come le maestre delle elementari.

Le ragazze ridono. Il general manager Hans Rudolf Fritz, un sessantenne tedesco di lungo corso che ha diretto prima l'Hilton di Roma e poi il Mariott Rome Park, è stanco ma felice: "Guardi, guardi che meravigliose ragazze: io adoro questi volti. Volevano mandarmi a dirigere l'Hilton di Chicago, ma ho declinato senza pensarci su. Amo l'Italia e le confesso di essere in preda della sindrome di Gothe!". Ma non era Stendhal? "Già, già, l'autore della Chartreuse", concorda un po' pensoso Fritz.

Questo doveva essere il grande giorno di Alfredo Romeo, l'imprenditore che mirava ad aggiudicarsi il global service da 400 milioni, l'uomo che dai tempi del sindaco Bassolino gestisce il patrimonio immobiliare del Comune di Napoli: 2 miliardi di valore e 2 milioni di incasso l'anno per il Comune. Ma stasera si parla solo dell'hotel: Romeo non ha badato a spese: 12 piani, una Spa "sensoriale" da 700 metri con piscina scoperta, cinque sale conferenze, 85 camere di cui 22 suite. I prezzi da 300 a 2mila euro. Fritz è in delirio: "Di Romeo potete scrivere quello che volete, ma nella scelta del management ha un rigore straordinario. Lui vuole il meglio, sempre. Qualità, qualità e ancora qualità", dice arrotando la erre mentre declama, accarezzandola, "la poltrona Bergère Louis XV in crine di cavallo".

Alla voce del direttore si sovrappone quella del manager che alla volta del sushi bar cita la lunghezza, 8 metri, di un tavolo di marmo "arabescato" con in mezzo una cascata d'acqua. La boiserie marrone scuro alle pareti, i marmi accecanti e il pavimento di granito rendono "Il Romeo" un po' funereo.

"Macché funereo", fa l'assessore al Turismo della Regione Claudio Velardi, ex consigliere di Massimo D'Alema, grande amico dell'immobiliarista e da otto anni responsabile della comunicazione del gruppo con la società Reti. "Milano è piena di posti così". E della questione morale che travaglia i Ds, cosa pensa l'assessore? "L'ultima tessera che ho preso è stata quella del Pci. Posso dirle, se ci tiene, che Veltroni e D'Alema sono bolliti e dovrebbero tornarsene al paesello. Va bene così"?

 

 

 

 

 

Napoli, bufera sulla giunta

Arrestati due assessori del Pd

17 novembre 2008

Associazione per delinquere finalizzata a corruzione, falso e turbativo d'asta. queste le

ipotesi di reato per cui il gip Paola Russo ha dato il via libera alla procura di napoli per l'esecuzione delle custodia cautelare in corso a napoli da parte degli uomini della direzione investigativa antimafia.

Gli uomini della dia hanno già notificato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere per l'imprenditore immobiliare Alfredo Romeo. Agli arresti domiciliari finiscono quattro esponenti delle due giunte che si sono succedute negli ultimi anni: Ferdinando di Mezza e Felice Laudadio, tutt'ora in carica, e gli ex assessori Cardillo e Gambale. Arresti domiciliari anche per l'ex provveditore alle opere pubbliche Mautone e il colonnello della direzione investigativa antimafia Mazzucco.

Secondo fonti bene informate sono coinvolti nell'inchiesta anche i parlamentari Renzo Lusetti del Pd e Italo Bocchino del Pdl.

 

 

Napoli, avviso di garanzia per due dirigenti del Comune

17 dicembre 2008

Tangenti: arrestato ad di Total Italia. Deputato Pd ai domiciliari

Strade d'oro a Roma, l'appalto misterioso da 576 milioni di euro del signor Romeo

Associazione per delinquere finalizzata a corruzione, falso e turbativo d'asta. Queste le ipotesi di reato per cui il gip Paola Russo ha dato il via libera alla procura di Napoli per l'esecuzione delle ordinanze di custodia cautelare da parte degli uomini della direzione investigativa antimafia, che ha portato all'arresto di quattro esponenti della giunta di Rosa Russo Iervolino, due assessori in carica e due che si erano dimessi di recente. Quattro nomi ai quali con ogni probabilità se ne sarebbe aggiunto un quinto, quello di Giorgio Nugnes, l'esponente del Pd finito ai domiciliari per gli scontri di Pianura e poi suicidatosi il mese scorso, coinvolto con loro nell'inchiesta.

Al centro dell'inchiesta, un affare da 400 milioni di euro, in realtà mai partito. La delibera sul "Global service" intendeva affidare a un unico gestore, come avvenuto in altre città, l'appalto per una serie consistente di lavori pubblici e manutenzioni di competenza del Comune. La delibera fu varata ma il relativo appalto non è mai partito, a causa della mancanza di copertura finanziaria.

Gli uomini della Dia hanno già notificato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere per l'imprenditore immobiliare Alfredo Romeo. Agli arresti domiciliari finiscono quattro esponenti delle due giunte che si sono succedute negli ultimi anni: Ferdinando di Mezza e Felice Laudadio, tuttora in carica nella giunta Iervolino rispettivamente con le deleghe al Patrimonio e all'Edilizia, e gli ex assessori al Bilancio Enrico Cardillo (dimessosi il 28 novembre scorso) e l'ex assessore alle Scuole Giuseppe Gambale, già componente della commissione parlamentare antimafia, sottosegretario all'istruzione nel secondo governo D'Alema e nel successivo guidato da Giuliano Amato.

Tra le persone destinatarie dei provvedimenti di custodia anche Mauro Mautone, ex provveditore delle Opere pubbliche per Campania e Molise, alcuni collaboratori dell'imprenditore Alfredo Romeo (condotto in carcere) e un colonnello della Guardia di Finanza, in servizio alla Direzione investigativa antimafia di Napoli allontanato dal suo incarico già da alcuni mesi. L'alto esponente delle forze dell'ordine, secondo le accuse dei magistrati, avrebbe informato Romeo delle indagini in corso.

Nella mattinata di mercoledì sono stati raggiunti da un avviso di garanzia anche due dirigenti del Comune di Napoli. Si tratta di Luigi Piscitelli, direttore del servizio di edilizia scolastica, e di Vincenzo Salzano, responsabile della manutenzione stradale e della pubblica illuminazione.

Nell'inchiesta sarebbero coinvolti anche i parlamentari Renzo Lusetti del Pd e Italo Bocchino del Pdl, ma solo per quanto riguarda l'utilizzo di intercettazioni telefoniche. Infatti, secondo quanto si è appreso, i magistrati napoletani Vincenzo D'Onofrio e Raffaello Falcone, avrebbero chiesto alla giunta delle autorizzazioni la possibilità di utilizzare intercettazioni telefoniche sulle utenze dell'imprenditore Alfredo Romeo relative a conversazioni con i due parlamentari. In Giunta per le Autorizzazioni della Camera, però, non è arrivata nessuna richiesta relativa ai deputati, come rendono noto alcuni componenti della Giunta stessa, oggi riuniti per esaminare la richiesta di autorizzazione agli arresti domiciliari per il parlamentare del Pd Salvatore Margiotta da parte dei magistrati di Potenza.

Secondo i pm di Napoli, l'imprenditore Alfredo Romeo riceveva "illecito sostegno", "analogo" a quello che gli sarebbe stato offerto dal parlamentare del Pdl Italo Bocchino, anche dall'onorevole Renzo Lusetti del Pd. Lusetti, secondo i magistrati, "si è adoperato per consentire all'imprenditore il proseguimento dei propri fini illeciti nel settore degli appalti, sia nella città di Napoli che nella città di Roma, in questo secondo caso intervenendo presso esponenti del Consiglio di Stato per sostenere Romeo nell'atto di appello interposto contro una decisione del Tar favorevole a una impresa concorrente".

Italo Bocchino, invece, secondo le intercettazioni, si sarebbe rivolto all'imprenditore Romeo dicendo: "Quindi poi ormai...siamo una cosa...quindi...consolidata, un sodalizio, una cosa solida...una fusione di due gruppi". I magistrati sostengono l'esistenza di una "struttura organizzata unitaria" in una "ottica di contiguità, stabile comunanza e reciprocità di interessi che lega tra loro molti degli indagati". Nella conversazione intercettata vi è la dichiarazione di "un soddisfatto Bocchino - commentano i pm - all'esito del ritiro degli emendamenti più 'fastidiosì proposti dal gruppo consiliare di An con riferimento alla delibera avente ad oggetto il progetto Global Service".

Dieci giorni fa, intervistata da Lucia Annunziata a "Mezz'ora", il sindaco Rosa Iervolino si era soffermata su alcuni passaggi della vicenda. La delibera era stata "sottoposta di corsa ad una commissione contro la corruzione nella pubblica amministrazione, guidata dal prefetto Serra e composta da magistrati. E ci ha detto che andava bene". Poi era stata anche sottoposta a una commissione di giuristi e alti magistrati, "secondo la quale le norme per la prevenzione degli incidenti sul lavoro non erano ancora forti". In ogni caso "non abbiamo fatto la gara, non abbiamo fatto assolutamente nulla. E chi vuole imbrogliare non sottopone i documenti approvati a verifiche non dovute".

 

 

 

Tangenti: arrestato ad di Total Italia. Deputato Pd ai domiciliari

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16 dicembre 2008

Corruzione Pescara: arrestato sindaco. Indagato anche Toto

L'amministratore delegato di Total Italia, Lionel Levha, è stato arrestato oggi nell'ambito di un'inchiesta della Procura di Potenza per tangenti sugli appalti per estrazione di petrolio in Basilicata insieme ad alcuni dirigenti dell'azienda: coinvolto anche il deputato del Partito Democratico, Salvatore Margiotta, per il quale sono stati disposti gli arresti domiciliari. La misura di detenzione domiciliare per il parlamentare potrà, tuttavia, essere eseguita solo se la Camera dei Deputati darà l'autorizzazione: la richiesta è stata presentata questa mattina. Il deputato ha deciso di autosospendersi da tutti gli incarichi di partito ricoperti a livello nazionale e in Basilicata, regione dove è stato eletto. Si dice innocente ed esprime "stupore ed amarezza" per il provvedimento della magistratura.

L'inchiesta ipotizza un patto corruttivo da 15 milioni di euro tra i dirigenti della Total, società titolare di concessione petrolifera in Basilicata, e gli imprenditori interessati agli appalti per le estrazioni. In particolare, sempre secondo l'accusa, i dirigenti della società avrebbero favorito l'aggiudicazione degli appalti dei lavori per la realizzazione del Centro Oli di "Tempa Rossa" e per altre attività alla cordata capeggiata dall'imprenditore Francesco Ferrara (anche lui finito in carcere): per l'appalto del Centro Oli, in particolare, sarebbero state addirittura sostituite le buste delle offerte. In cambio, sempre ad avviso della procura, sarebbe stato stipulato nel febbraio scorso un accordo commerciale da 15 milioni: tutte le imprese della cordata Ferrara si sarebbero rifornite per cinque anni solo di carburanti e di oli lubrificanti della Total.

I dirigenti della società petrolifera, inoltre, sono accusati, in concorso con un funzionario del Comune di Corleto Perticara, in cui ricadono gran parte dei giacimenti petroliferi, di aver imposto condizioni "capestro" di esproprio ad alcuni titolari dei terreni. Questi avrebbero dovuto accettare una somma di poco superiore a 6 euro al metro quadro, e quindi assolutamente "fuori mercato", per evitare di doversi accontentare di una indennità di esproprio di soli 2 euro e 50 che, sostiene l'accusa, sarebbe stata concordata tra i manager Total e il funzionario comunale.

 

 

 

 

Strade d'oro a Roma, l'appalto misterioso da 576 milioni di euro del signor Romeo

di Fabio Pavesi

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11 Dicembre 2008

Alfredo Romeo non è nuovo alle cronache di Napoli. Dal '99 ha in concessione la gestione dell'immenso patrimonio pubblico immobiliare della città. Immenso perché il valore dei beni è stimato in oltre 2,1 miliardi di euro. Ovviamente la Romeo è remunerata per quel servizio. L'ultima delibera parla di circa 7,5 milioni di euro. Che dovrebbe fare la società dell'imprenditore, mai così chiacchierato come in queste settimane, per meritarsi il denaro? Semplice: far rendere quel patrimonio tanto da costituire un'entrata ragguardevole per le casse sempre asfittiche di qualsiasi Comune. Ma non è andata così. La Corte dei conti ha bacchettato in più di un'occasione i risultati dell'appalto. E i revisori contabili del Comune non hanno mai risparmiato critiche all'operato di quella che appariva una scelta di efficienza.

Su quei 2,1 miliardi di valore di case e uffici, la Romeo gestioni ha riscosso somme per soli 25 milioni nell'ultimo decennio, a un ritmo medio di poco più di due milioni l'anno. Un'inezia, tanto più che si tratta dell'incasso lordo: dei 25 milioni nelle casse del Comune ne sono entrati solo 13, visto che 12 milioni sono finiti direttamente alla Romeo come recupero spese. E la Corte dei conti rileva che per il 2001 e il 2002 la redditività del patrimonio pubblico è stata addirittura negativa per 18 milioni di euro. A giustificare l'operato di Romeo c'è l'appello alla cronica morosità dei napoletani che fa svanire il 50% dei fitti sui 23mila alloggi occupati. Da qui l'esigenza dell'appalto del servizio a un privato, proprio per rendere efficiente la gestione. Che in realtà oggi presenta il conto salato di affitti mai pagati per 83 milioni di euro accumulati negli anni e ormai considerati dal Comune irrecuperabili. Una cifra che vale poco meno di un terzo dell'intero ammontare dei crediti dubbi vantati dal Comune e che corrispondono alla cifra record di 274 milioni di euro, un quinto del totale delle entrate di un anno d'esercizio della città. Gestione fallimentare, quindi.

Ma cosa ha di speciale Alfredo Romeo per meritare tanta considerazione? Di fatto è ormai un monopolista di questo genere di attività. Gestisce patrimoni pubblici oltre che a Napoli, a Milano e Roma. Ha gli appalti per il ministero dell'Economia, l'Inps, il Demanio, la Consip. Una vera potenza che ha il suo centro soprattutto in quel di Roma. Lì Romeo ha (o meglio aveva) il suo gioiello della Corona. La gestione della rete stradale dell'intero Comune di Roma. Ebbene quell'appalto è stato vinto (sotto le giunte di centrosinistra) per un importo elevato: 64 milioni di euro l'anno per la durata di 9 anni. Totale: 576 milioni per 800 chilometri di rete stradale da tenere in ordine, 80mila euro a chilometro ogni anno. Basta fare un confronto per capire le differenze con le altre città dove la gestione stradale è appaltata a privati. A Bologna il costo è di soli 4,2 milioni l'anno per 770 chilometri di strade, solo 30 in meno delle arterie capitoline. I bolognesi pagano così 5.500 euro a chilometro, contro gli 80mila messi sul piatto dai romani. La provincia di Firenze paga 3,7 milioni l'anno per la metà delle strade di Roma. Un'anomalia profonda che ha indotto lo scorso 5 novembre il sindaco Alemanno a disdettare il maxi-appalto. Ma lavorare con il pubblico paga. I bilanci della Romeo Gestioni traboccano di profitti. Solo negli ultimi 3 anni la società ha sfornato utili per oltre 75 milioni, al ritmo di 25 milioni l'anno, su un fatturato di poco più di 130 milioni. Ogni 100 euro di attivo ne rende oltre 20 sotto forma di utili. Una gallina dalle uova d'oro. A scapito di chi?

fabio.pavesi@ilsole24ore.com

 

 

 

 

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2008-10-31

http://www.avvenire.it

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http://www.italysoft.com/news/il-punto-informatico.html

 

 

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